Importiamo pelati, mozzarelle e bandoleros
Ott 29, 2010Ci lamentiamo dei pelati cinesi, delle mozzarelle tedesche, dell'olio turco e del pecorino del Caucaso che hanno invaso le nostre tavole con prezzi fai da te e confezioni truffaldine, ma forse pochi sanno che il peggio dell'importazione viene dalla Spagna. E' da lì, infatti, che ci riforniamo di bandoleros che si infiltrano nei centri sociali, nei cortei degli studenti, nelle manifestazioni dei lavoratori. E che ne fanno di tutti colori, muovendosi al ritmo delle radio movimentiste che con i loro tam tam segnalano le occasioni più gustose per fare casino. Un bel gruppetto, mentre scriviamo, è asserragliato sul tetto dell'ex caserma dei vigili del fuoco, in piena Porta Palazzo, sede del più antico e anche del più grande mercato all'aperto di Torino. Un palazzo che è stato acquistato e in parte ristrutturato dal Comune ma mai messo a disposizione della collettività, come se gli spazi pubblici fossero in esubero. Fatto sta che una bella mattina gli squatter, sigletta simpatica dietro la quale si nascondono tutte le sigle della galassia anarcoinsurrezionalista, hanno sfondato una porta e se ne sono impadroniti, sbandierando ai quattro venti quanto siamo fessi a non difendere il nostro patrimonio e aggiungendo, per buona misura, che non avendo voglia di lavorare arraffano le cose altrui. Celebrata la vittoria sui paciosi borghesi di Torino, le loro radio che per altro godono di affitti calmierati del Comune (bisogna pur difendere la libera informazione) hanno cominciato a richiamare i guerrieri sparsi per l'Europa per rinforzare gli organici del fortino. Così, quando con tutta calma si è deciso lo sgombero, gli spagnoli che sono pratici di guerriglia almeno quanto i nostri, erano già sul piede di guerra, avevano conquistato i tetti (sui quali resistono con stoffa operaista) e preparato addirittura una sorta di camera a gas per i poliziotti che osavano l'irruzione. Uno stanzone saturo di vapori di ammoniaca che ha spedito qualche agente all'ospedale. Insomma siamo alle solite. Da una parte gli impuniti (e impunibili, visto il trattamento in guanti bianchi che la magistratura riserva ai teppisti), dall'altra i commercianti che perdono la giornata, gli automobilisti imprigionati nelle auto, i danni al patrimonio pubblico, le spese extra per le forze dell'ordine. Tanto paga Pantalone che è sempre il solito fesso a Torino come a Milano, a Genova (dove i commercianti hanno fatto i debiti per rifare i negozi devastati) e a Roma. Con una piccola variante: ieri i nerboruti ambulanti del mercato gridavano ai poliziotti di "lasciarli a loro, quelli lì" assicurando che "avrebbero risolto in fretta la situazione". "Non si può fare - ha spiegato paziente un funzionario - non si può fare perché siamo in democrazia e in fondo, pure quella, è una dimostrazione". Ma dimostrazione di che? Questo, a quanto sappiamo, non l'ha spiegato nessuno. Perché nessuno si preoccupa di spiegare a Pantalone perché la sua libertà, lui che paga le tasse e rispetta le leggi, non è tutelata al pari di quella di chi se ne impippa della società civile. E ci ride su. beppe.fossati@cronacaqui.it
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