Governo: Fini sereno, Berlusconi tace |
ROMA (26 settembre) - Fini rilassato, Berlusconi in silenzio, opposizioni all'attacco, con l'aggiunta di un Montezemolo che spara a zero su governo e Lega. E' il quadro della politica italiana il giorno dopo il videomessaggio di Fini sull'affaire della casa di Montecarlo, in quella che può essere definita come una domenica d'attesa in vista dell'intervento di Berlusconi il 29 alla Camera.
Chi ha sentito Fini parla di un presidente della Camera «liberato», «sereno». Diversi raccontano di una rottura clamorosa con il cognato Giancarlo Tulliani nel confronto di venerdì notte e chiedono che adesso si parli solo di politica. Il capogruppo Italo Bocchino convocherà, probabilmente dopodomani, una assemblea del gruppo, presente Fini. «Per prima cosa - spiega un dirigente - dovremo capire se Berlusconi accetta o meno che la risoluzione della maggioranza sia pensata, scritta e condivisa da Futuro e Libertà». «Noi abbiamo dato l'ennesima dimostrazione di non voler rompere il patto con gli elettori, anche a fronte delle operazioni di killeraggio che hanno tentato di distruggere Fini e che chiaramente dovranno comunque fermarsi - spiega un esponente assai vicino a Fini - Ma non ci si può chiedere di portare acqua ad una maggioranza dalla quale si vuole tenerci fuori: la prova che si cerca veramente un clima diverso saranno le firme dei capigruppo, tre o due, in calce alla risoluzione». Tra i più oltranzisti qualcuno immagina un'uscita dal governo nel giro di 20 giorni, se le cose dovessero prendere una brutta piega. Ma Fini dovrà considerare di avere tra i fedelissimi (i Ronchi, Menia, Moffa, Viespoli, Bonfiglio) alcuni che sono entrati in Fli soprattutto per il rapporto di fiducia con lui, ma che osteggeranno fino all'ultimo la rottura con il governo. Un passo falso potrebbe spingere questa pattuglia tra le braccia del premier, che non fa mistero di contare sui ripensamenti.
Nel frattempo, da Vicenza, l'avvocato Ellero continua a seminare indizi sull'identità del «vero proprietario» della casa di Montecarlo: risiederebbe in Svizzera, probabilmente nel cantone Ticino. Secondo il legale, Tulliani potrebbe aver fatto da mediatore con l'acquirente, dal quale si sarebbe fatto affittare l'appartamento dopo aver pagato i lavori di ristrutturazione. Sul tutto, però, Giancarlo Tulliani, continua a tacere.
Chiuso ad Arcore, Silvio Berlusconi non replica né commenta ufficialmente l'intervento di Fini. L'ordine di scuderia è chiaro: mantenere il più possibile i toni bassi e lasciare che siano eventualmente i finiani a rialzare il livello dello scontro. Fini, è il ragionamento, ormai è indebolito. Un'oggettiva difficoltà che ha ricadute all'interno dei suoi gruppi parlamentari. Ed è proprio alle defezioni che guardano i pontieri del Pdl in caso di rottura definitiva. Cicchitto per ora parla di «parziale autocritica» mentre Gasparri sottolinea come «alcune ammissioni potevano essere fatte prima». Entrambi i capigruppo raccolgono l'invito al confronto. In privato però nessuno è pronto a scommettere su una conclusione a lieto fine. I rapporti tra Fini e Berlusconi sono ormai irrecuperabili.
Il discorso di Berlusconi del 29 è in lavorazione e il filo conduttore resta l'istituzionalità. Farò un discorso rivolto al Paese, continua a ripetere il Cavaliere ai suoi, per coinvolgere tutti coloro che hanno senso di responsabilità. Un intervento che dovrebbe essere accompagnato da una mozione presentata dalla maggioranza da mettere ai voti. La strategia vera e propria sarà messa a punto in una riunione che il Cavaliere terrà con i vertici del partito prima di mercoledì. Sul discorso non ci dovrebbero essere problemi di tenuta numerica (l'obiettivo resta quello di avere più voti di quelli dell'attuale maggioranza), le incognite si aprono sui singoli provvedimenti, in particolare quelli legati alla giustizia, sulla quale potrebbe consumarsi lo scontro finale tra Pdl e finiani. In quel caso l'unica strada per il Cavaliere resta una sola: le elezioni. «Il governo non intende galleggiare» mette in chiaro il ministro della Giustizia Angelino Alfano aggiunge: «Siamo stati chiamati per fare le riforme. Se dobbiamo stare al governo per fare chiacchiere, allora credo che sia meglio tornare al voto».
Opposizioni concordi: dimissioni. Da 24 ore le opposizioni sono unite più che mai nel chiedere le dimissioni di Berlusconi per impedirgli di provare a «trascinare avanti il suo governo». «Il predellino si è ribaltato - ha commentato Perluigi Bersani - Ho le idee su quello che vogliamo. Vengano in Parlamento e dicano che non sono in grado di andare avanti con credibilità. Poi si rimettano al presidente della Repubblica e alle Camere. Questo bisogna fare perchè il Paese non ha tempo da perdere». Di Pietro sfida direttamente Fini a togliere l'appoggio al governo: «Se non vuole fare la figura del ricattato da Berlusconi ha il dovere di sfiduciare il premier perchè altrimenti, oltre a ricattato diventa anche complice morale del ricattatore». Anche Casini ha usato per una volta toni più risoluti derogando ad una abitudine consolidata: «Non ci serve un altro posto alla tavola del governo perchè non siamo degli accattoni politici. Berlusconi riconosca in Parlamento che la sua maggioranza è fallita e rivolga un appello alle forze più responsabili. Comunque non tenti di fare shopping di deputati e senatori».
L'attacco di Montezemolo. «Umberto Bossi è molto abile a lanciare proclami e provocazioni» ma la sua Padania resta «immaginaria»; la verità è che lui, e l'attuale governo, hanno fatto molto poco, per lo più «chiacchiere». Sono le pesanti accuse del sito di Italiafutura, l'associazione molto vicina a Luca Cordero di Montezemolo. Italia Futura vede nel leader della Lega il corresponsabile «in questi 16 anni delle non scelte che hanno portato il paese ad impoverirsi materialmente e civilmente» e lo contrappone all'operosità degli industriali. Scrive il sito: «Ha ragione Bossi: in Italia, e in particolare nella sua Padania immaginaria, la chiacchiera va per la maggiore e delle parole a vanvera di una classe politica screditata gli italiani ne hanno piene le tasche. In particolare quelli che lavorano e producono (e al convegno di Genova della Confindustria ce n'erano tanti). Quegli italiani che, a differenza di Bossi, tengono in piedi il paese con i fatti e non con le parole»
L'affondo di Montezemolo ha scatenato la reazione compatta della Lega e della maggioranza. «Dov'è la novità? La novità - ha ribattuto Ignazio La Russa - ci sarà quando Montezemolo si candiderà e si misurerà con i voti. Così vedremo quanti consensi è in grado di raccogliere». Più caustico il leghista Roberto Castelli, secondo cui l'ex presidente di Confindustria «fa parte di quella categoria di imprenditori che hanno fatto ottimi affari con i governi di centrosinistra. Evidentemente con noi non riesce a rifarli». L'intervento di Montezemolo, come altri precedenti, sembra orientato a mettere un piede in politica per saggiare il terreno e circoscrivere il campo di atterraggio. Come dire: mai alleato di Bossi e di chi ci va a braccetto.
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