Fli esce, Schifani e Fini domani al Colle Berlusconi e Bossi: "Fiducia o elezioni"
Ronchi, Urso, Menia e Buonfiglio si sono dimessi dal governo. Urso: "Al voto anticipato Fli in un'altra coalizione con Casini, Lombardo e Rutelli". Fini: "La classe dirigente ha smarrito la dignità". Sacconi: "Si consuma il tradimento". Vertice della Lega, poi Bossi va ad Arcore. Patto tra premier e Senatùr per la resa dei conti in parlamento. Finanziaria e poi voto di fiducia. Prima al Senato e poi alla Camera. Unica via d'uscita il voto
Roma - Dopo l'addio di Fli la maggioranza prova a serrare i ranghi e a pianificare le prossime mosse. Lo stato maggiore della Lega guidato da Umberto Bossi si trova faccia a faccia con Silvio Berlusconi e i suoi luogotenenti ad Arcore. Un "patto di ferro" tra i due alleati. Così chi, del Pdl, ha partecipato al vertice di Arcore commenta la linea decisa tra il Cavaliere ed il Senatùr. Berlusconi e Bossi hanno deciso di andare avanti con il governo senza dimissioni del premier né un Berlusconi bis. Dopo la finanziaria, è la decisione presa, la parola passerà al parlamento: se non dovesse essere approvata la fiducia la richiesta sarà quella delle elezioni.
Il vertice di maggioranza E' durato poco più di due ore il confronto tra Berlusconi e lo stato maggiore della Lega. All'incontro erano presenti anche i tre coordinatori nazionali del Pdl,Ignazio La Russa, Sandro Bondi e Denis Verdini, oltre che il Guardasigilli Angelino Alfano. Per la parte leghista, Bossi era accompagnato dai ministri Roberto Maroni e Roberto Calderoli, oltre che dal governatore piemontese Roberto Cota, dal presidente dei deputati Marco Reguzzoni, dal segretario lombardo Giancarlo Giorgetti e dal figlio Renzo Bossi. Di oltre due ore di confronto non è trapelato nulla. Anzi, al termine del vertice, la delegazione leghista ha lasciato la residenza del premier, senza rilasciare dichiarazioni, in un lungo corteo di auto. Lo stesso copione seguito qualche ora prima, nel pomeriggio, nella sede federale della Lega in via Bellerio, dove i vertici del Carroccio avevano tenuto una riunione di un paio d'ore proprio in vista dell'incontro con Berlusconi.
I finiani fuori dal governo Dopo averlo minacciato più di una volta per i finiani è arrivato il giorno del "non ritorno", che vuol dire uscita dal governo. L'ennesima spallata per aprire la crisi e mandare a casa Berlusconi. Le lettere di dimissioni dal governo del ministro Andrea Ronchi, del viceministro Adolfo Urso e dei sottosegretari Antonio Buonfiglio e Roberto Menia sono state spedite dalle rispettive segreterie. Le lettere di dimissioni, ha spiegato Buonfiglio, sono composte da "tre righe asciutte, senza commenti". Solo tre righe per porre fine a un progetto politico che, appena due anni fa, aveva ricevuto un ampio consenso da parte degli elettori. Ma i finiani vanno avanti sulla propria strada. Intanto domani Napolitano vedrà Schifani e Fini. E' il segnale che, in qualche modo, il Quirinale intende "pilotare" la crisi".
La lettera di dimissioni I gruppi parlamentari di Fli, sottolineano in una nota i capigruppo di Senato e Camera, Pasquale Viespoli e Italo Bocchino, evidenziano il "venir meno del rapporto fiduciario nei confronti del governo", ma assicurano il sostegno alla manovra. "I gruppi parlamentari di Fli nel prendere atto delle dimissioni rassegnate in data odierna dal ministro Ronchi, dal viceministro Urso e dai sottosegretari Buonfiglio e Menia, evidenziano il venir meno del rapporto fiduciario nei confronti del governo, e confermano altresì, con profondo senso di responsabilità, il proprio impegno a sostenere nell'interesse del Paese la legge di stabilità e di bilancio".
Fini e Schifani domani al Quirinale Il presidente del Senato Renato Schifani e quello della Camera Gianfranco Fini andranno domani pomeriggio al Quirinale per un colloquio con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. A quanto riferito da una nota della Camera, l'incontro sarà dedicato all'esame delle prossime scadenze dell'attività parlamentare.
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