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giovedì 25 novembre 2010

TERAPIA D' URGENZA.......

Codice rosso. Terapia d'urgenza per il bilancio della Regione
Mercoledì 24 Novembre 2010 08:59
Dopo l'allarme lanciato sui conti di piazza Castello, che registrano un indebitamento record di 7,3 miliardi, il presidente della Commissione Bilancio Burzi (Pdl) delinea una serie di interventi per correre ai ripari: dalla due diligence sullo stato finanziario ereditato da Bresso a una rigorosa politica di gestione. E massicce dismissioni

 

Burzi_4Il medico pietoso fa la piaga purulenta. E non è certo indulgente Angelo Burzi corso al capezzale della grande malata, la Regione, nel prescrivere la cura per affrontare l'emergenza dell'indebitamento record – 7,3 miliardi – che strozza i conti di piazza Castello. «È necessaria una terapia d'urto, coi pannicelli caldi rischiamo solo di protrarre l'agonia, di cui è facilmente ipotizzabile l'esito: il default politico». Il presidente della Commissione Bilancio di Palazzo Lascaris è preoccupato ancor prima della cifra, che agiterebbe i sonni di qualsiasi amministratore coscienzioso, dell'atteggiamento di gran parte dei colleghi - di maggioranza e di opposizione, di consiglieri semplici come degli assessori - che sembra sottovaluti la gravità della situazione. «Sono profondamente stupito. L'iter del bilancio di previsione non è ancora terminato, ma continuo a non sentire altro che lamentele e proteste: da tutte le parti sento ripetere che i fondi sono insufficienti».

 

Il bilancio, che nelle intenzioni del governatore Roberto Cota dovrebbe segnare una radicale inversione di tendenza rispetto all'andazzo della giunta precedente e stringere i cordoni della borsa per avviare il necessario risanamento, segnerà invece un deficit di 7,3 miliardi di euro, tra capitoli già autorizzati e mutui in corso di erogazione. «Un dato incompatibile con una gestione virtuosa e sana della Regione». Per affrontare questa emergenza che ineluttabilmente, se non aggredita in tempo, mette a repentaglio la capacità d'azione della Regione, sull'oggi ma anche negli anni a venire, Burzi propone un piano d'intervento articolato in quattro punti: «Va anzitutto riportato sotto controllo il debito prodotto dai derivati, circa 1,85 miliardi dei Bor, i prestiti obbligazionari emessi sotto il regno scellerato della Bresso dal suo assessore Paolo Peveraro: le perdite incidono per oltre 40 milioni l'anno. Occorre ristrutturare questo debito in modo che non ci siano ulteriori sorprese».

 

Contemporaneamente è necessario posizionare sotto un unico tetto tutte le aree di spesa regionali, sia quelle dirette (i vari settori) sia quelle indirette (partecipate, consorzi, ecc.). «Questo consentirebbe di intervenire su molteplici direzioni: da una parte attraverso un programma di gestione della qualità (Sei Sigma, ad esempio) si riuscirebbe a controllare efficienza ed efficacia dei servizi, riorganizzando le spese secondo criteri di priorità che sono, a mio parere, tutto ciò che ha incidenza su occupazione, impresa e infrastrutture (materiali e immateriali)». Corollario a questo criterio è l'introduzione di una forma di ZBB, "zero base budgeting, una tecnica contabile che permette la programmazione dei costi sulla base delle necessità e non dell'esperienza storica ("si è sempre fatto così").

 

Terzo step la valorizzazione del patrimonio regionale nella sua massima estensione, convogliando in un fondo immobiliare tutti i beni di proprietà che verrebbero, a quel punto, gestiti da professionisti del settore, normalmente motivati a ottimizzarne il valore. «La vendita ai privati di quote del fondo procurerebbe un significativo livello di autofinanziamento per le esigenze della Regione».

Ultimo, last but not least, è un massiccio piano di dismissioni e outsourcing di quei settori e di quelle attività che non sono più strategiche. «Il primo esempio che mi viene in mente – conclude Burzi – è quello di Sito, la società dell'interporto. Ha ancora senso la presenza della Regione a quarant'anni dallo startup? Probabilmente le motivazioni che hanno giustificato l'intervento pubblico sono nel frattempo venute meno. Ma analoghe situazioni si possono trovare in molte società delle Atc e in decine di altre partecipate. È solo questione di volontà politica».

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