Il giudice lumaca salva Travaglio: cade la condanna per diffamazione
La Corte d'appello di Roma ha impiegato un anno per motivare la sentenza favorevole all'ex ministro Previti. E così il reato è andato in prescrizione
BEFFA Per il ritardo i legali dell'ex ministro non hanno potuto fare ricorso in Cassazione SCAMPATO PERICOLO Al giornalista era stato inflitto il pagamento di mille euro di multa
Il presidente di sezione della Corte d'appello di Roma, dottor Afro Maisto, ci ha pensato a lungo. Così a lungo, che - pensa e ripensa - il reato è caduto in prescrizione. Il processo, d'altronde, era di quelli che a un magistrato scrupoloso tolgono il sonnoeimpongonoriflessioni. DaunaparteCesarePreviti, avvocatoedexparlamentaredelPdl, dall'altra il giornalista Marco Travaglio: Previti nel ruolo di parte lesa, ovvero di vittima; Travaglio in quello di imputato, per avere scritto sull'Espresso della presenza di Previti ad un summit nello studiodiunaltroavvocatoeccellente, Carlo Taormina, per depistare le indagini per mafia su Marcello Dell'Utri.
In primo grado, a Travaglio eraandata piuttosto male: otto mesi di carcere, inflitti dal giudiceRobertaDiGioia, scavalcando le richieste della Procura, cheper il giornalista aveva chiesto la condanna a 500eurodimulta. Cinquemesi e dieci giorni erano stati inflitti anche a Daniela Hamaui, all'epoca direttore dell'Espresso. Entrambi i giornalisti avevano fatto appello. E l'8 gennaio 2010, la Corte d'appello di Romaavevamodificato la sentenza di primo grado. Sia TravagliochelaHamaui erano stati di nuovo condannati, ma invece del carcere-penacheneiprocessi per diffamazione viene applicata con parsimonia, e solo nei casi più gravi - la Corte infligge a entrambi gli imputati una semplice multa: mille euro all'autore dell'articolo, ottocento al direttore responsabile. Più i danni a Previti, da stabilire a parte.
Finqua, si dirà, nulla distrano: la legge concede un secondo grado di giudizio ancheperconsentire agli imputati di limitare i danni. Ma è quelcheaccadedopoalasciare un po' stupiti. La Procura generale, che aveva chiesto la conferma del carcere per Travaglio, aspetta le motivazioni della Corte d'appello per poter ricorrere in Cassazione. L'articolo è del 2003, e già la Procura di Roma ci ha messo del suo, tenendosi sul tavolo per anni la querela depositata da Previti prima di chiedere ed ottenere il rinvio a giudizio. Bisogna fare in fretta, insomma, perché la prescrizione incombe. Invecequalcosa, inspiegabilmente, si inceppa. Il giudice Maisto, invece dei quindici giorniprevisti dalcodice, si èassegnato - per scrivere la sentenza - sessanta giorni, come è consentito «quando la stesuradelle motivazionièparticolarmente complessa». Ma i due mesi passano senza che accadanulla. Arriva la primavera, poi l'estate, poi l'autunno. Infine unaltroinverno. Insomma, passa un anno. E solo il 4 gennaio di quest'anno Maistodepositalemotivazioni. Il mesesuccessivoaSalvatore Pino, difensore di Previti, viene notificato il deposito. Ma a quel punto a Pino nonrestachechiudereilfascicolo in archivio. Non ci sarà un giudizio di Cassazione. La sentenza è diventata definitiva perché, mentre il tempo scorreva, il reato si è prescritto.
Come sia stato possibile, è qualcosa che solo il giudice Maisto può spiegare. Che si trattasse di una sentenza «particolarmente complessa», in realtà, non lo si direbbe, almeno a leggere la sentenza di primo grado, quella della dottoressaDi Gioia: dieci paginette, depositatein pocopiùdiunmeseemezzodalla pronuncia della decisione. Per il giudice, la faccenda era semplice: Travaglio aveva citatounverbalediinterrogatorio maaveva «tagliato» il pezzo in cui il testimone spiegava che in effetti, forse Previti quel giorno era passato nello studio di Taormina, ma per tutt'altre faccende, e senza partecipare alla riunione incriminata. «Una cesura arbitraria chehamodificatoilsensodellafrase travisando il fatto». Ora la prescrizione ha inghiottito tutto. RidacchiaTravaglio: «Cheposso farci? Succede. Capita nelle migliori famiglie!».
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