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domenica 22 agosto 2010

PD SI SPACCA SULLA FESTA DESERTA.......

politica
21/08/2010 - DOPO LE RINUNCE DEL PDL

Il Pd si spacca sulla festa deserta

Zingaretti punge il sindaco
da Roma: «Difendendo Cota
si è prestato al loro gioco»
La replica: pensi alla gente

alessandro mondo
torino

Ribaltando il proverbio, si può dire che il topolino ha partorito la montagna: talmente grossa che sta franando, pezzo dopo pezzo, sulla Festa nazionale del Pd liberando rapidamente una sedia dopo l'altra e creando polemiche all'interno dei democratici.

Quanto basta e avanza per trasformare l'atteso appuntamento in piazza Castello, via via depauperato, in un caso di rilevanza nazionale. Il detonatore, a scoppio progressivo e quindi doppiamente micidiale, è sempre quello: il mancato invito di Roberto Cota alle assise del Pd. Nel giorno in cui anche Paolo Romani - viceministro allo Sviluppo economico nel governo Berlusconi con delega alle Comunicazioni - dà forfait alla Festa seguendo la scia dei ministri Maroni, Calderoli e Tremonti, sul fronte opposto volano i piatti.

Al silenzio di Pierluigi Bersani, il segretario nazionale del Pd, e all'imbarazzo dei vertici locali, fanno da contraltare i battibecchi al vetriolo tra le due nuove «anime» del partito: quella di quanti, in maniera più o meno esplicita, sottoscrivono la decisione di tenere «il nemico» fuori dalla porta - negando ospitalità e dunque legittimazione politica al governatore tallonato dai ricorsi - e chi, come Sergio Chiamparino, ha bollato l'alzata d'ingegno sulle pagine nazionali dei principali quotidiani.

Posizione condivisa dal presidente della Provincia Antonio Saitta. A dare fuoco alle polveri, nel Pd e tra Pd e Pdl, ieri ci ha pensato Nicola Zingaretti. Il presidente della Provincia di Roma, tra gli esponenti più in vista (e più pungenti) del Pd, è intervenuto a gamba tesa suscitando un mezzo putiferio. Nel mirino, i ministri rinunciatari, «si sono dimostrati patetici oltre ogni limite», ma anche Chiamparino. «Sorprende che esponenti del Pd si siano prestati a questo gioco falso e strumentale - attacca Zingaretti -. Basta con questa subalternità culturale a qualunque presa di posizione della destra». Quest'ultima liquidata a mero gruppo di potere, «abbarbicato alla propria poltrona». Quel che è peggio, «troviamo qualcuno dei nostri che gli dà corda solo per avere qualche spazietto agostano su giornali e tv».

Ogni riferimento al sindaco di Torino non è puramente casuale. Subalternità culturale alla destra e protagonismo mass-mediatico. Accuse pesanti: rintuzzate da Giorgio Merlo - «l'ineffabile Zingaretti prende lucciole per lanterne» - e poi da Chiamparino in persona. «Bersani? No, non l'ho sentito. Morgando? Nemmeno lui», premette il sindaco, come sempre imperturbabile, da Bruxelles. E di Zingaretti, che dice? «Non avendo trascorso le vacanze in spiaggia commentando le dichiarazioni del vicino d'ombrellone, ma a Biella, con gente che lavora anche a Ferragosto, ho potuto constatare quanto sia bassa la credibilità del Pd e dell'opposizione in generale verso un governo che vede la sua maggioranza sgretolarsi». Già che c'è, tanto vale dirla tutta: «Se così non fosse, l'Italia non sarebbe così avvitata su se stessa. Come si dice dalle nostre parti, soma mal ciapà. Ecco, suggerisco a Zingaretti di occuparsi di questa situazione».

Botte da orbi, insomma. Mentre Lega (Boldi) e Pdl (Pallone, Gramazio, Marsilio, Berruti) suonano la carica - a tutti i livelli - seppellendo il povero Zingaretti sotto una valanga di improperi. No comment di Cota, e c'è da capirlo. Il mancato invito alla Festa - condito dalle dichiarazioni barricadere di Andrea Benedino, seguite dal silenzio dei vertici nazionali e regionali del Pd - ha trasformato un gesto di scortesia in un assist provvidenziale. Silenzio, per ora, anche dalla segreteria di Maurizio Sacconi, pure lui invitato alla festa del Pd.

A quanto si apprende, il ministro sarebbe propenso a lasciar perdere. La probabile partecipazione del presidente del Senato Renato Schifani, che in virtù della sua carica difficilmente potrà smarcarsi, non indebolisce la diserzione in massa di ministri e viceministri. Alla fine potrebbe essere l'unico esponente della maggioranza a raggiungere Torino per sedere, non si sa con quanto entusiasmo, nello spazio dibattiti in piazza Castello.

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