FINI AL TRAMONTO - SCARICATO DA TUTTI - di Alessandro Sallusti
Persino «Repubblica» (dopo 15 giorni) ha capito che sulla casa di Montecarlo non la racconta giusta
Mandiamolo via: firmano anche la Vanoni e Squitieri
Gianfranco Fini ha il dovere della chiarezza. Lo ha scritto ieri l'ultimo dei Moicani finiani (Bocchino e Granata a parte), cioè il direttore di Repubblica , dando di fatto l'ultimatum al presidente della Camera: o parla e racconta tutto, ma proprio tutto, sulla vicenda della casa di Montecarlo, oppure è un politico finito. Il quotidiano faro della sinistra mastica amaro, su Fini aveva puntato la sua ennesima campagna moralista per disarcionare Berlusconi. Per l'ennesima volta gli sta andando buca. I fatti sono lampanti e quindi il direttore Ezio Mauro, per non essere travolto pure lui, ha preso carta e penna e ha smentito anche il suo vice, Massimo Giannini, che solo tre giorni fa aveva definito le spiegazioni di Fini convincenti e il problema della casa un fatto più estetico che etico. Certo, appartamenti in Costa Azzurra, Ferrari e belle donne hanno un alto e invidiabile valore estetico, ma anche economico. E per innescare una retromarcia del genere significa proprio che pure Repubblica, buona ultima, ha capito che la situazione estetica non è più gestibile. In ogni momento potrebbe arrivare il colpo di grazia. Non dai dossier dei servizi segreti, come sostengono quelli di Fare Futuro e lo stesso Mauro, il quale cade in una contraddizione grande come una casa, perché ai dossier non si risponde, ai ricatti non si cede, i veleni non vanno chiariti. Se Repubblica, come Di Pietro, chiede risposte è perché ci sono domande che le esigono. E sono quesiti semplici, frutto di una nostra inchiesta giornalistica della quale oggi, nelle pagine interne, vi sveliamo (e documentiamo) ogni dettaglio: come è nata, come si è sviluppata, quanto ci è costata e chi abbiamo pagato ( alberghi e ristoranti per i giornalisti, tabaccai per comperare marche da bollo con le quali avere da uffici pubblici atti e documenti a disposizione di tutti i cittadini che ne facciano richiesta). Nell' elenco dei nostri contatti non figurano magistrati, carabinieri, poliziotti, spioni, ma vicini di casa, testimoni oculari di chi (Fini e signora compresi) è stato visto in quell'appartamento.È ovvio che il caso ora è tutto politico. Fini deve dimettersi perché ha combinato un gran brutto pasticcio e perché si ostina a non dire la verità. E con lui cadrà anche il disegno che, complici Casini, Bersani, Rutelli e compagnia, era arrivato a un passo da fare fuori non per via elettorale Silvio Berlusconi e tutto il Pdl. Quanto sarà rovinoso il tonfo lo si capirà meglio nelle prossime settimane. Berlusconi resta fermo nella sua posizione: o ci sarà la resa incondizionata di chi ha tradito gli elettori, oppure si torna subito a votare. L'ipotesi di ribaltone è da escludere: già non stava in piedi prima, figuriamoci adesso con Fini azzoppato. Bossi anche ieri è stato chiaro e duro come non mai: se cade il governo ci sono solo le urne. Un messaggio all'alleato Silvio, all' opposizione ma soprattutto al Quirinale, che tra poco potrebbe essere chiamato a fare da giudice della legislatura. Scherzi come quello fatto da Scalfaro nel '95 non sono più ripetibili. Di Pietro, Bersani e Fini se ne facciano una ragione.
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