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venerdì 13 agosto 2010

FINI AL TRAMONTO....

FINI AL TRAMONTO - SCARICATO DA TUTTI - di Alessandro Sallusti

pubblicata da nuova Forza Italia il giorno giovedì 12 agosto 2010 alle ore 10.13

Persino «Repubblica» (dopo 15 giorni) ha capito che sulla casa di Montecarlo non la racconta giusta

Mandiamolo via: firmano anche la Vanoni e Squitieri

 

Gianfranco Fini ha il dovere della chia­rezza. Lo ha scritto ieri l'ultimo dei Moi­cani finiani (Bocchino e Granata a parte), cioè il di­rettore di Repubblica , dan­do di fatto l'ultimatum al presidente della Camera: o parla e racconta tutto, ma proprio tutto, sulla vi­cenda della casa di Monte­carlo, oppure è un politico finito. Il quotidiano faro della sinistra mastica ama­ro, su Fini aveva puntato la sua ennesima campagna moralista per disarcionare Berlusconi. Per l'ennesi­ma volta gli sta andando buca. I fatti sono lampanti e quindi il direttore Ezio Mauro, per non essere tra­volto pure lui, ha preso car­ta e penna e ha smentito an­che il suo vice, Massimo Giannini, che solo tre gior­ni fa aveva definito le spie­gazioni di Fini convincenti e il problema della casa un fatto più estetico che etico. Certo, appartamenti in Costa Azzurra, Ferrari e belle donne hanno un alto e invidiabile valore esteti­co, ma anche economico. E per innescare una retro­marcia del genere significa proprio che pure Repubbli­ca, buona ultima, ha capi­to che la situazione esteti­ca non è più gestibile. In ogni momento potrebbe arrivare il colpo di grazia. Non dai dossier dei servizi segreti, come sostengono quelli di Fare Futuro e lo stesso Mauro, il quale cade in una contraddizione grande come una casa, per­ché ai dossier non si rispon­de, ai ricatti non si cede, i veleni non vanno chiariti. Se Repubblica, come Di Pietro, chiede risposte è perché ci sono domande che le esigono. E sono que­siti semplici, frutto di una nostra inchiesta giornalisti­ca della quale oggi, nelle pagine interne, vi svelia­mo (e documentiamo) ogni dettaglio: come è na­ta, come si è sviluppata, quanto ci è costata e chi ab­biamo pagato ( alberghi e ri­storanti per i giornalisti, ta­baccai per comperare mar­che da bollo con le quali avere da uffici pubblici atti e documenti a disposizio­ne di tutti i cittadini che ne facciano richiesta). Nell' elenco dei nostri contatti non figurano magistrati, carabinieri, poliziotti, spio­ni, ma vicini di casa, testi­moni oculari di chi (Fini e signora compresi) è stato visto in quell'appartamen­to.È ovvio che il caso ora è tutto politico. Fini deve di­mettersi perché ha combi­nato un gran brutto pastic­cio e perché si ostina a non dire la verità. E con lui ca­drà anche il disegno che, complici Casini, Bersani, Rutelli e compagnia, era ar­rivato a un passo da fare fuori non per via elettorale Silvio Berlusconi e tutto il Pdl. Quanto sarà rovinoso il tonfo lo si capirà meglio nelle prossime settimane. Berlusconi resta fermo nel­la sua posizione: o ci sarà la resa incondizionata di chi ha tradito gli elettori, oppu­re si torna subito a votare. L'ipotesi di ribaltone è da escludere: già non stava in piedi prima, figuriamoci adesso con Fini azzoppa­to. Bossi anche ieri è stato chiaro e duro come non mai: se cade il governo ci sono solo le urne. Un mes­saggio all'alleato Silvio, all' opposizione ma soprattut­to al Quirinale, che tra po­co­ potrebbe essere chiama­to a fare da giudice della le­gislatura. Scherzi come quello fatto da Scalfaro nel '95 non sono più ripetibili. Di Pietro, Bersani e Fini se ne facciano una ragione.



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