Giovani per Tursi
14 dicembre 2010 | Di: Antonio Di Matteo
Dai 15 ai 35 anni, noi ragazzi e giovani di Tursi ci sentono persi tra i nostri vicoli. Siamo una generazione di disagiati. Viviamo male la nostra esistenza in questo nostro amato Paese. La mente di tanti giovani convive con il pensiero orami fisso del futuro, e ancor più nel breve periodo, della noia quotidiana, del come riempire il tempo, molto spesso sprecato in inutili diversivi. Un malessere che non trova sfoghi. Cosa facciamo? Dove andiamo? Facciamo questo? Facciamo quello? Andiamo lì? Andiamo là? Un disagio forte che attanaglia, sempre più stringente, la nostra giornata. Di certo questa non è una condizione rara nella società moderna e di sicuro non è un problema solo dei tursitani, ma di tutti i giovani che vivono nei paesi poco popolosi. I giovani delle città non stanno meglio, ma di sicuro hanno altre difficoltà.
Molto spesso questo disagio è esistenziale, ma si manifesta in un pessimismo che colora di grigio tutto ciò che i giovani maneggiano. Un malessere che molto spesso è dovuto al sentirsi inutili in questa società. Altre volte è provocato dalla disillusione, che la realtà garantisce ad ogni sogno e desiderio giovanile. Una vita passata nell'irrefrenabile impossibilità di urlare, sfocia in un restio rapporto che porta inevitabilmente all'abbandono volontario di queste terre, che non ci hanno compreso. Un addio a chi resta, lasciando poco, cercando altro, sperando molto.
Una considerazione personalissima vorrei farla: ma perché molti di noi si fermano al perpetuo lamento? Perché molti di noi si fermano al continuo criticare? Quando finalmente arriverà il momento di prendere in mano la nostra vita? Possibile che non sappiamo fare altro che sputare nel piatto in cui mangiamo? Possibile che non siamo in grado di costruirci un futuro? Possibile che siamo talmente tanto inetti da aspettare il colpo di fortuna che ci cambia la vita? Possibile che siamo privi di dignità? Possibile che siamo tanto vili da non rischiare i nostri mezzi, la nostra intelligenza, la nostra cultura, la nostra stessa vita? Possibile che non siamo capaci di vivere la nostra vita? Possibile che non siamo capaci di costruirci un'esistenza tutta nostra, senza se e senza ma, senza dire grazie a nessuno? È vile fuggire di fronte ai problemi. È facile fare le valige e scappare via. È comodo criticare e non fare proposte. È piacevole oziare aspettando che qualcuno faccia al posto nostro.
Sono cosciente del fatto che è in atto una fuga dei giovani e di intere famiglie, dal Meridione verso le grandi città e verso l'estero. Tutto questo è nella natura delle cose: si va dove ci sono opportunità di reddito, di crescita, di sviluppo, di una nuova vita. È giusto che sia così. Non è un problema solo nostro. Tursi poi è quello che è, ma di certo è una realtà avvantaggiata rispetto a tante altre a noi vicine. È comunque desolante vederla in questo stato, d'inverno, la sera, ferma, inanimata, pallida, scarna. Molto spesso si pretende troppo e la nostra immaginazione si illude molto spesso, per poi ricadere in una dissacrante quotidianità.
Come può Tursi rispondere alle esigenze dei suoi figli? Quali soluzioni si possono dare a questo problema? Chi può darle? La politica? Le famiglie? La società? I giovani stessi? Un'unica soluzione non c'è, ma un ventaglio di comuni azioni possono migliorare la condizione attuale. Questo implica che gli attori in scena debbano essere molteplici e tutti collaboranti per raggiungere l'obiettivo. Di quali attori sto parlando? Primi tra tutti propri noi giovani. Non possiamo accusare gli altri. Non possiamo cercare la pagliuzza negli occhi altrui.
La politica promette e non dà? La politica non propone? La politica non dà soluzioni? La politica non parla la nostra stessa lingua? La vera politica non esiste? La politica è il vero problema che sta a monte? Tutto questo può essere vero, ma perché dobbiamo aspettare i primi politicanti che passano per farci fregare il voto e la dignità? Non siamo capaci di gestirci da soli? Non siamo capaci di autodeterminarci? E poi, detto francamente, i politici chi sono? Non sono i nostri padri? I nostri parenti? Gli amici degli amici? Noi abbiamo votato questa gente, mica sono venuti da Marte. È loro dovere amministrarci, ma è nostro dovere tirare loro la cravatta quando non si comportano come devono. Dobbiamo essere noi vigili, è normale che i politici siano lerci, siamo noi che dobbiamo indirizzarli ed è colpa nostra se fanno cose indecenti, siamo noi che gli abbiamo votati.
Ripeto: dobbiamo risolverci da soli le nostre problematiche. Siamo i soli a conoscerle fino in fondo. C'è più gusto a darsi un problema ed a risolverlo. In definitiva, come possono i giovani contribuire ad una Tursi migliore? Facendo il proprio dovere: studiando, chi ne ha voglia; lavorando, chi lo sa fare e ne ha l'opportunità; impegnandosi sempre e comunque nel proprio piccolo per mitigare la realtà e modificarla alla nostra volontà. Dobbiamo spronarci vicendevolmente, in una vivace e genuina gara a dare il meglio. Avvilirsi non serve. Ma dopo aver fatto tutto questo, serve una nostra azione comune per rendere noto a chi di competenza il nostro malessere. Avrei una proposta per tutti voi: che ne dite di organizzarci per contribuire attivamente all'amministrazione del nostro paese? Dobbiamo risolvere i nostri problemi e farlo con i mezzi che le istituzioni ci offrono, primo tra tutti, scriviamo una lettera al nostro Sindaco.
Antonio Di Matteo
In: Famiglia, Giovani, Riflessioni, Scuola
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