L'ANOMALIA POLITICO-ISTITUZIONALE
Gianfranco Fini
L'uomo che non prova vergogna
di Andrea Di Bella
Nessuno prima di lui si era mai azzardato ad esitare tanto. E' possibile che un presidente della Camera si esponga in questo modo, ogni giorno, da leader di partito, contro un governo legittima espressione della maggioranza parlamentare, regolarmente e democraticamente eletta dai cittadini? E' tutto un miscuglio, ormai. Parlamentari che entrano ed escono da compagini politiche dove sono stati eletti e senza che nessuno possa dire nulla, vista l'assenza di vincolo di mandato che la legge garantisce loro. Si lamenta della antidemocraticità del Cavaliere, l'ex alleato Fini. Colui che con quello stesso Cavaliere è andato a braccetto per 17 anni di vita politica, anche di governo, che adesso viene buttata a mare in nome di chissà quale battaglia ideologica. Un uomo, Berlusconi, facilmente paragonato a Benito Mussolini e che ha invece un infinito consenso elettorale nel Paese dimostrato a più riprese dal 2008, un fatto politico incontrovertibile e innegabile. Al contrario dei dittatori quale è stato il Duce, che non divenne capo del Governo perchè in qualche modo scelto dagli italiani.
Un uomo, Gianfranco Fini, che riesce perfino a negare di essersi fatto sbattere fuori dal Popolo della Libertà - perchè così è stato - a causa del suo continuo martellamento ai danni del partito che lo ha eletto - in Parlamento prima e alla presidenza della Camera poi - e che adesso riesce facilmente a presentarsi perfino vittima del suo stesso doppiopesismo, delle sue stesse azioni azzardate che lo hanno ridimensionato da erede del centrodestra italiano a ultima ruota dell'opposizione. Lo stesso Italo Bocchino, reggente del partito di Fini durante la sua permanenza a Montecitorio, parla di "ribaltone" per l'ingresso in maggioranza del cosiddetto gruppo parlamentare dei Responsabili dimenticando che proprio lo scorso 14 dicembre Gianfranco Fini, insieme al Pd, Udc, Api, Idv e chi più ne ha più ne metta, ha tentato lui stesso il vero ribaltone in Parlamento, perdendo la partita seppur di poco. Intervistato poi, rigorosamente in collegamento in tutte le trasmissioni di approfondimento politico della sinistra, il presidente della Camera non risparmia critiche anche aspre a governo, ministri, deputati della maggioranza e capo dell'Esecutivo; un atteggiamento, lo si sa, che non si conviene alla terza carica dello Stato, un ruolo che imporrebbe terzietà non solo nell'esercizio delle sue funzioni di moderatore dei dibattimenti parlamentari, ma anche nella vita pubblica fuori dal palazzo. Esattamente quello che invece evita puntualmente di fare Gianfranco Fini, che gira l'Italia sponsorizzando i candidati sindaco di Futuro e Libertà recandosi in loco accompagnato dalle forze dell'ordine e da aerei di Stato, privilegi che gli sono concessi per via del ruolo che ricopre.
Un pulpito e un riconoscimento, quello consentitogli in tv, che da "semplice" leader politico non gli sarebbe mai stato concesso. E che invece lui predilige senza contraddittorio alcuno, a differenza di Berlusconi che nelle sue apparizioni alla tv pubblica accetta domande da tre o quattro giornalisti che lo interrogano su governo e vita politica. Esattamente come in campagna elettorale, dove Berlusconi mette la faccia ogni volta e dove ogni volta vince, e di larga misura sui suoi avversari politici, da almeno due anni in tutte le tornate di medio termine. Anche questo un fatto incontrovertibile che nessuno riuscirebbe a smentire.
Chi avrebbe mai immaginato una coabitazione di quello che oggi è e rappresenta Futuro e Libertà con il Pdl? Solo uno stupido, o un furbo, potrebbe dire che Gianfranco Fini è stato sbattuto fuori dal partito per compiacere il "capo". Gianfranco Fini, come fu, si è reso complice di un chiaro tentativo di composizione di una nuova maggioranza parlamentare che scalzasse Silvio Berlusconi e il governo, per formarne uno nuovo che non fosse però espressione della maggioranza dei cittadini. Con quale coraggio, con quale faccia tosta definiscono "ribaltone" i nuovi ingressi in maggioranza? Perchè dei nuovi ingressi all'opposizione, che la rafforzano, sono da intendersi (per loro futuristi e non solo) degli atti di coraggio; mentre invece chi ritorna alla casa madre dove sono stati eletti, o anche altri che sentono di dover sostenere il governo, sono da intendersi ribaltonisti e "servi dal padrone"? Ci rileggiamo il 16 sera, al risultato delle amministrative.
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