ROMA - «Lo dico alle macchine del fango che iniziano a girare: se sperano di intimorirci si sbagliano di grosso, abbiamo capito quello che sta succedendo» ha detto oggi il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, in una conferenza stampa alla Camera sulle inchieste giudiziarie che hanno riguardato Tedesco e Penati. Una conferenza stampa che ha suscitato reazioni da parte del Pdl. Parlando di questione morale, sostiene Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, Bersani non può usare due pesi e due misure a seconda del fatto che certe vicende riguardino la destra o la sinistra.
«Le critiche le accettiamo - ha detto Bersani - le aggressioni no, le calunnie no, il fango no. Da oggi iniziano a partire le querele e le richieste di danni. Sto facendo studiare la possibilità di fare una class action da parte di tutti gli iscritti al Pd. E spero che ci sia la possibilità di farle come class action, perché concettualmente essendo un partito una proprietà indivisa, se viene paragonato alla 'ndrangheta, in questo c'è un insulto per ciascuno dei suoi componenti. Sto facendo studiare la cosa. A vedere oggi le paginate dei giornali e a guardare i tg c'è da rimanere allibiti». Bersani fa soprattutto riferimento a titoli come quello del "Giornale" di oggi: «Pd, diversamente ladri».
«Siamo turbati, ma non ci chiuderanno la bocca». Il Pd è totalmente estraneo a tutte le vicende di cronaca di cui si parla - dice Bersani - Queste vicende turbano, ma non ci faranno chiudere la bocca assolutamente. Non abbiamo differenze genetiche, antropologiche o cromosomiche, i partiti possono non essere al riparo, ma devono dire al Paese come vogliono comportarsi, noi lo diciamo e lo chiediamo anche agli altri. Ribadisco che ci stiamo muovendo su quattro principi. Primo: rispetto assoluto della magistratura. Secondo: tutti i cittadini, onorevoli compresi, sono uguali davanti alla legge. Terzo: chi è investito da una inchiesta faccia un passo indietro per non imbarazzare istituzioni e partito, al netto della presunzione di innocenza. Quarto: i partiti si attrezzino a darsi regole più stringenti di garanzie, trasparenza e controllo. Vorrei capire, però, perché dobbiamo essere solo noi a fare queste cose. Perché non lo si chiede a nessun altro. Perché a vedere oggi i giornali e a guardare i tg c'è da rimanere allibiti. Non credo che siamo noi il problema, a questo punto. Perché altri si stanno comportando all'opposto».
«Nella vicenda Tedesco errori del Pd». «Credo che in questa vicenda ci siano stati degli errori» dice Bersani in relazione alla vicenda dell'arrivo del senatore Tedesco a Palazzo Madama. Bersani premette che all'epoca lui non aveva «nessuna responsabilità, anche se questa cosa viene attribuita a me». Ma aggiunge di «accettare la domanda lo stesso» a nome del partito. «In questa vicenda ci sono stati errori - aggiunge il segretario - però venga riconosciuta una cosa: noi siamo andati alla Camera e al Senato a chiedere l'arresto di Papa e Tedesco. Questa cosa non può passare in cavalleria. Siamo stati coerenti. Lo si riconosca».
«Penati corretto, altri facciano come lui». «Penati ha fatto un passo significativo - dice Bersani - Mi piacerebbe lo facessero anche altri, visto che questi problemi non riguardano solo noi. Riconosco a Penati la correttezza di aver fatto un passo indietro necessario, in Regione e nel partito. Questo vale per chiunque rappresenti una funzione: lo abbiamo fatto da Delbono in poi. Io riconosco la correttezza del passo indietro, ma rimane anche la presunzione di innocenza».
«Sulla vicenda Tremonti silenzio tombale della stampa». «C'è un silenzio tombale su una vicenda che meriterebbe un'attenzione alta. Pongo io la domanda: se questa è una cosa pensabile da parte di un ministro delle Finanze e dell'Economia» dice Bersani, che parla di "silenzio tombale" da parte della stampa rispetto alla vicenda raccontata da Marco Milanese, dell'affitto a lui pagato in contanti dal ministro Giulio Tremonti. «Non so se devo prendere per buono quello che dice Milanese, ma ora da Tremonti mi aspetto delle spiegazioni, come tutti gli italiani» dice il leader Pd. E a chi gli domanda se chieda le dimissioni del ministro risponde: «Ne abbiamo messi in fila tanti, ora c'è una mozione di sfiducia individuale pendente contro il ministro Romano. E allora dico che abbiamo un punto di fondo che si chiama governo. Il nostro giudizio l'abbiamo dato: devono andare a casa tutti». Quanto al «silenzio tombale» della stampa su una vicenda che «meriterebbe profonda attenzione», Bersani domanda: «Come mai non vedo nemmeno un editorialino? Non vado a farla in Aula, ma faccio comunque un'interrogazione: come mai questa cosa non si è vista sui tg? Lascio giudicare agli altri la gravità di questa cosa».
Cicchitto: Bersani non può usare due pesi e due misure. «Il Pd non può usare due criteri di valutazione e due metri di giudizio - replica Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera - Quando una vicenda giudiziaria investe personalità politiche o ambienti del centro-destra allora ci si troverebbe di fronte all'esplosione della questione morale e invece quando essa investe esponenti del Pd allora sarebbe in atto la macchina del fango. Se Bersani vuole fare i conti in modo serio con una situazione complessivamente assai grave deve superare la cultura del giustizialismo e l'uso politico della giustizia per demonizzare l'avversario. Solo con questo salto di qualità si può intervenire in modo equo per risanare una realtà che complessivamente presenta distorsioni che vanno eliminate e nel contempo sconfiggere il disegno di far saltare il sistema politico in nome dell'antipolitica e di un governo dei tecnici».
Gasparri: la questione morale vale per tutti, Bersani spieghi la macchina dei soldi. «Bersani invoca come molti la macchina del fango che colpirebbe il Pd - dice Maurizio Gasparri, presidente dei deputati del Pdl - Ma ci dovrebbe parlare della macchina dei soldi che invece sembra avere alimentato uomini e ambienti della sinistra? La questione morale va affrontata con rigore a 360 gradi, a destra, al centro e a sinistra. Ma quello che sta emergendo a sinistra è un rapporto finalizzato a sostenere un partito in quanto tale. Sesto San Giovanni, il controllo storico di quel territorio da parte del Pc-Pds-Ds ed oggi Pd, i rapporti con le cooperative e alcuni imprenditori, la vicenda dell'autostrada Serravalle, i rapporti tra esponenti nazionali, tra i quali Bersani e D'Alema, mediatori vari aprono uno scenario inquietante. Non ce la si può cavare con un'auto-assoluzione. O sperando che tra i nuovi indagati ci siano dei Greganti-bis che si prendano le colpe tenendo il partito "al riparo". Emerge una questione morale gigantesca che investe le stesse strutture politiche del Pd e i capi della sinistra di ieri e di oggi. Con un disagio interno evidente. Anche sul caso Tedesco ci spieghino perchè costruirono liste alle elezioni europee per farlo poi approdare in Senato. Penati poi era elemento di punta nello staff di Bersani. Così come D'Alema non può prendere troppo disinvoltamente le distanze da personaggi che da sempre ne accompagnano il cammino. Qui non si tratta quindi di risolvere tutto con qualche letterina di buone intenzioni o con autocertificazioni di onestà. Appare un sistema illegale confuso e ben radicato sul quale occorre fare chiarezza. Per non dire poi di altre vicende come quelle del Sud dove esponenti del partito di Bersani sono stati uccisi per strada da persone che a loro volta avevano la stessa tessera di partito in tasca. Ovvio che Bersani personalmente non c'entra nulla con queste vicende. Ma anche nel Sud la sinistra ha vissuto pagine di inquietante degrado troppo rapidamente rimosse dalla memoria collettiva».
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