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lunedì 13 giugno 2011

Sant'Intesa, gli esuberi salgono a 10.900

Pubblicato Lunedì 13 Giugno 2011, ore 7,00

Il colosso bancario avvia la ristrutturazione e predispone pesanti tagli all'occupazione. Le cifre ballerine del capo del personale. La maggior parte dei sacrifici sarà a carico della struttura torinese

Con il trascorrere dei giorni, la vicenda degli esuberi di Intesa Sanpaolo sta assumendo fattezze che virano, alternativamente, dalla preoccupazione al grottesco e infine all'incredulità, anche in considerazione dell'importanza che riveste la maggiore banca italiana non solo nell'economia regionale e nazionale ma soprattutto in termini di immagine per l'intero sistema bancario nazionale.  

I resoconti delle fonti sindacali sull'incontro di giovedì scorso, giorno di avvio delle trattative, riferiscono le parole che Marco Vernieri, capo del personale dell'istituto guidato dal neo sposo Corrado Passera, ha usato per tratteggiare una situazione in cui le eccedenze non sono le 10.000 riportate dalla lettera di cui vi abbiamo già dato notizia, bensì 10.900. E se non sembra davvero poco il nove per cento di aumento nello spazio di pochi giorni, il quadro è ancor più allarmante per il fatto che le ricadute occupazionali riguardano "solo" la parte italiana del colosso bancario e che le trattative si focalizzeranno "solo" sulle 3.000 persone da far uscire dalla banca e sui 5.000 lavoratori da riconvertire in ruoli commerciali.

 

A questo punto sorge spontanea la domanda: gli altri 2.900 esuberi da dove provengono? Secondo Vernieri si tratta della somma di piccoli recuperi di efficienza ottenuti tramite nuove procedure e sistemi di lavoro, per i quali è impossibile identificare la risorsa imputata e destinata ad essere espulsa. In altre parole, questi pezzi di essere umano, una spalla, una testa, per ora si salvano, ma una volta introdotte le future modifiche ai modi di lavorare, dovranno uscire anche loro, si spera non a pezzi. Intesa Sanpaolo ha inoltre precisato, sempre nel corso della citata riunione, che la riduzione del costo del lavoro di 300 milioni di euro da ottenere per fine 2014 non è in contraddizione con quanto dichiarato dal piano strategico presentato da Andrea Beltratti e Passera a inizio aprile. Anzi, la riduzione è necessaria per abilitare l'incremento delle spese del personale previste nella misura dell'1,1 per cento. Quindi, Intesa Sanpaolo vuole talmente rispettare il suo piano strategico, che, oltre ad aver bisogno di ridurre le spese per farle aumentare, pur se ha dichiarato che le eccedenze della banca sono pari a 10.900, ha convocato i sindacati per affrontare la questione di 8.000 esuberi, 3.000 uscite e 5.000 riconversioni, come indicato ad inizio aprile.

 

Inoltre, pur di centrare l'obiettivo, nonostante che la banca sia l'attore principale, sul piano nazionale, del processo di revisione del contratto collettivo di lavoro e del fondo esuberi, si è detta disponibile a negoziare sul piano aziendale con le regole attualmente disponibili, ovvero le stesse che l'Abi vorrebbe riformare perché giudicate eccessivamente onerose.

 

La vicenda, almeno come si è dipanata fino ad ora, colpisce per alcuni aspetti. In primo luogo perché i capi del personale continuano a usare, come prescrivono i modelli economici in voga negli ultimi anni, la sgradevole abitudine di considerare i lavoratori un peso e non delle risorse. Stupisce l'approssimazione dei numeri che circolano, nonostante si tratti di un'azienda che, con pieno merito, è ai vertici delle classifiche delle imprese meglio gestite. Colpisce, inoltre, la scarsa coerenza con le indicazioni del piano strategico e con le affermazioni, dai toni pacati e rassicuranti, che hanno usato nei giorni scorsi sia il presidente Beltratti sia l'amministratore delegato Passera. I sindacati fanno inoltre notare come le ricadute sono ad esclusivo discapito della forza lavoro, senza interventi previsti su altri fronti. Si può iniziare dagli emolumenti degli amministratori, che almeno a giudicare da questa vicenda meriterebbero di essere sforbiciati perché se le cifre sono quelle presentate dal capo del personale, non si comprende se non ne fossero a conoscenza oppure se stiano bluffando; si potrebbe proseguire limando i costi dei diversi consigli di amministrazione delle molteplici banche del gruppo presenti sul territorio; per finire con il taglio dei consulenti, che non sembrano svolgere un lavoro migliore dei dipendenti, soprattutto se non impediscono al capo del personale di fornire cifre in libertà.

 

Pur nel pieno rispetto delle iniziative che Intesa Sanpaolo può e deve mettere in atto per salvaguardare il futuro della banca, dal quadro emerge la sensazione di un preoccupante scollamento tra i vertici aziendali, Beltratti e Passera, e il management, fino ad alimentare il sospetto che esista una zona d'ombra nelle reali intenzioni mai esplicitato nel documento aziendale più importante: il piano strategico. Mentre Giuseppe Mussari, presidente di Monte dei Paschi, e Gabriello Mancini, presidente della Fondazione che controlla la banca senese, in un momento molto difficile per l'azienda di credito più antica d'Italia, si muovono in coordinamento e non fanno cenno ad eventuali esuberi, la Compagnia di San Paolo, dopo aver benedetto il piano strategico di Intesa Sanpaolo, non ha più parlato. Cosa attende? Non ha nulla da dire sulle incongruenze numeriche? Condivide la mano ruvida di Vernieri o i toni rassicuranti dei vertici che ha nominato? Forse attendono si conoscere l'opinione di Fassino?

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