Le mani dei boss sui beni confiscati |
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Scritto da Amministratore |
Martedì 05 Ottobre 2010 18:56 |
La figlia di Bontate nella palazzina tolta ai clan. Inchiesta della Procura in quattro quartieri di SALVO PALAZZOLO Le mani dei boss sui beni confiscati Padre Golesano CHE ci faceva la figlia del boss Giovanni Bontate nell'associazione che con don Mario Golesano gestiva un immobile confiscato alla mafia? La denuncia di Striscia la notizia ha fatto sorgere più di un sospetto. E non solo su questo caso. Adesso, la Procura di Palermo indaga sull'assegnazione di una decina di beni confiscati. Sono appartamenti e terreni, che sarebbero finiti nelle mani sbagliate, attraverso insospettabili associazioni composte anche dai parenti dei boss. I sostituti procuratori Gaetano Paci e Francesca Mazzocco hanno già acquisito numerosi documenti al Comune. E adesso, gli investigatori della sezione reati contro la pubblica amministrazione della squadra mobile sono alla ricerca di ulteriori riscontri. L'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci, avrebbe già messo in risalto le pesanti infiltrazioni di alcuni boss legati alle cosche di San Lorenzo, Brancaccio, Boccadifalco e Passo di Rigano. Il tema non è affatto nuovo. Da mesi, ormai, la prefettura lancia l'allarme su questo fronte. Alcune informative riservate sono già arrivate al Comune, che ha subito preso provvedimenti. Il caso più eclatante resta quello di alcune associazioni fondate da uno dei simboli dell'antimafia palermitana, don Mario Golesano, il successore di don Pino Puglisi nella parrocchia di Brancaccio. Ieri sera, è tornata ad occuparsene anche l'inviata (col bassotto) di Striscia di notizia, Stefania Petix. Il caso Golesano fa discutere, e non solo in televisione. L'anno scorso, dopo una nota della prefettura, Palazzo delle Aquile aveva revocato ben tre assegnazioni di immobili fatte alla cooperativa Solaria e alla fondazione Giuseppe Puglisi, entrambe animate dall'ex parroco di Brancaccio. Il Comune si era ripreso le chiavi di fondo Magliocco (confiscato a Giovanni Bontate), con annesso fabbricato, e di un appartamento a Brancaccio, in largo Giuliana 10. La prefettura aveva segnalato che don Golesano era socio di una terza associazione, la "Live Europe", assieme a Roberta Bontade (figlia di Giovanni) e a Stefano Marcianò, "imparentati con soggetti mafiosi" e a Francesco Maggiore, "indicato in atti relativi a procedimenti penali - così era scritto nell'informativa riservata - come soggetto appartenente alla cosca mafiosa di Bagheria". E ancora: "Nella fondazione Puglisi - proseguiva la prefettura - siederebbe tale Giuseppe Provenzano, socio della "Alimentari Provenzano", le cui quote sociali sono detenute da società sottoposte a sequestro preventivo in quanto facenti parte del gruppo Grigoli, a sua volta sottoposto a custodia cautelare ed avente rapporti con boss latitante Matteo Messina Denaro". Ma poi il Tar ha dato ragione a Golesano e soci, annullando i provvedimenti del Comune. "È documentale che i soci della Live Europe Bontade, Marcianò e Maggiore siano stati allontanati dalla relativa associazione sin dal 2008 per disinteressamento alle attività associative". Stessa sorte avrebb e a v u t o G i u s e p p e Provenzano. I giudici vanno anche oltre, ritenendo che non bastino i sospetti della prefettura, in assenza di "elementi storici concreti". Così, nei giorni scorsi, il Comune ha dovuto fare dietrofront, riassegnando il fondo Magliocco e il fabbricato alla Solaria. Ma, al contempo, Palazzo delle Aquile ha fatto ricorso al Cga contro la decisione del Tar. Intanto, a due anni e mezzo dal primo provvedimento di assegnazione, il centro giovanile che doveva sorgere sul fondo è ancora lontano. Ora, Striscia la notizia ha scoperto un'altra curiosità di questa storia che divide l'antimafia a colpi di carta bollata. Il Comune iscrisse a protocollo la nota riservata della prefettura il 16 ottobre 2008. Il giorno dopo, furono cambiati tutti i soci della Live Europe. Forse, c'era stata una fuga di notizie da Palazzo delle Aquile? Anche su questo punto la Procura di Palermo vuole vederci chiaro. www.palermo.repubblica.it |
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