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sabato 9 novembre 2013

"GIO MA PURE TU MI PARE CHE SEI DEL PD?"--SE TANTO MI DA TANTO...--

“Pd omertoso”: Esposito sbatte la porta

Con una lettera ai vertici, il senatore annuncia l'autosospensione, in seguito ai fatti relativi al congresso e alle parole del neo segretario Morri sul caso Iatì. “Un partito che non vede, non sente e non parla non è certo quello per cui tanti di noi hanno lavorato”

Articolo completo“Ho sperato di non dover mai scrivere questa lettera, ma ciò che è avvenuto e sta avvenendo a Torino non può più essere taciuto”. Sono parole amare quelle vergate da Stefano Esposito in una lettera indirizzata ai vertici del Pd in cui comunica la sua autosospensione dal partito. Una decisione maturata a seguito «dei gravi fatti che hanno macchiato il congresso del Pd di Torino» e dalle affermazioni fatte quest’oggi dal neo segretario Fabrizio Morri, in particolare sulla vicenda di Vincenzo Iatì, il responsabile del circolo di Barriera di Milano, costretto a rimettere il proprio mandato dopo la scoperta del suo turbolento passato e, soprattutto, una citazione in una relazione legata all'inchiesta Minotauro per essersi rivolto a un esponente della 'ndrangheta, sollecitando voti per un candidato di centrodestra alle amministrative nelTtorinese, fatto per il quale però non risulta indagato. «Non posso accettare che le denunce di militanti e dirigenti del Pd torinese vengano squalificate alla stregua di pretestuosi attacchi al partito», spiega il parlamentare torinese. «Ho chiesto al partito nazionale e agli organismi di garanzia di valutare se quanto da me esposto sia frutto di una esclusiva opinione personale o sia invece necessario un immediato intervento politico prima ancora che regolamentare». In attesa di questi chiarimenti Esposito fa un passo indietro e rimette l’incarico di vicepresidente della Commissione Trasporti e di componente Commissione antimafia nelle mani del gruppo democratico del Senato «e qualora gli organi nazionali del Partito dovessero ritenere queste mie valutazioni prive di fondamento o addirittura calunniose come affermato dal segretario Morri, ne trarrò le debite conseguenze trasformando l’auto-sospensione in dimissioni dal Pd e in dimissioni anche dal ruolo di senatore». Un duro j'accuse che parte dalle vicende congressuali, ma che fende la lama nella carne viva di un partito che ha subito una "mutazione genetica" rendendolo ai suoi occhi, di militante e dirigente di lungo corso, ormai irriconoscibile. «Il fatto che un gruppo ristretto di dirigenti abbia organizzato una occupazione manu militari del partito attraverso l’organizzazione di pacchetti di tessere, non è forse un problema politico? Il tema non è relativo a chi sostiene Renzi, Cuperlo, Civati o Pittella, poiché siamo di fronte ad una mutazione genetica legata a un patto per vincere a qualunque costo e a qualunque prezzo il congresso. Prendo atto che né sul piano politico né su quello dei ricorsi ufficiali fatti da altri si è inteso aprire una riflessione; anzi, il neo Segretario eletto Fabrizio Morri ha accusato coloro che hanno denunciato atti contrari non solo alle regole ma al buon costume, di essere dirigenti che vogliono danneggiare il Pd». Il fondo, per Esposito, è stato toccato ieri, con la vicenda relativa a Vincenzo Iatì, «evidente frutto del metodo distorto e malato che ha contraddistinto il congresso torinese». Il Pd in vece di prendere le distanze (e provvedimenti) ha minimizzato assumendo, attraverso il neo segretario Morri, una posizione pilatesca «del tutto in contraddizione con i valori della legalità e della trasparenza». Anzi, aggiunge il senatore, è inaccettabile che chi denuncia il malcostume venga accusato di denigrare il partito. «Poiché non ho la pretesa di ritenermi un oracolo su temi come questi, chiedo al partito nazionale e agli organismi di garanzia di valutare se quanto da me sinteticamente esposto sia frutto di una esclusiva opinione personale o sia invece necessario un immediato intervento politico prima ancora che regolamentare». Infine, l’amara conclusione. «Ho sempre ritenuto il Pd un partito che su questi temi è contraddistinto da una profonda diversità rispetto ad altre forze politiche con cui combattiamo una dura battaglia. Vorrei che questa diversità non si limitasse alle parole e alle dichiarazioni, ma si traducesse nei fatti. Se così non dovesse essere, allora vorrebbe dire che non ci sono ragioni per poter proseguire in questa esperienza politica. Un partito che non vede, non sente e non parla non è certo quello per cui tanti di noi hanno lavorato».

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