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venerdì 15 novembre 2013
.BOLLENGO. «Sono stato io ad aprire agli inquirenti il libro della ‘ndrangheta e delle sue radici cresciute anche in Canavese». Si apre con questa parole il libro, presentato e discusso giovedì..."GIO' PURE TU HAI PRESO LA PAROLA?...IN DIFESA DELLA LEGALITA'?...O NON ERI NEPPURE PRESENTE...(come dal prefetto)?"..."NON CREDETE CERE DICHIARAZIONI ED ATTEGGIAMENTI (superficiali, insulsi, omertosi?)...NON AIUTANO A FARE CHIAREZZA NEGLI INTRECCI TRA MAFIA E POLITICA?"...(anzi)...VERO GO'?:..
La ’ndrangheta in Canavese Libro presentato a Bollengo
BOLLENGO. «Sono stato io ad aprire agli
inquirenti il libro della ‘ndrangheta e delle sue radici cresciute anche
in Canavese». Si apre con questa parole il libro, presentato e
discusso giovedì scorso nella sala della nuova torre che Federico Monga,
vicedirettore del Mattino di Napoli, all’epoca cronista della Stampa,
ha scritto a quattro mani con Rocco Varacalli, il pentito le cui
confessioni sono diventate l’architrave dell’inchiesta Minotauro, che ha
svelato la geografia, gli affari e le infiltrazioni della ‘ndrangheta
nel nord–ovest d’Italia, portando alla scoperta delle locali di
Chivasso, Cuorgnè, Volpiano, San Giusto, e all’arresto di 150 persone
per reati che vanno dall’associazione di stampo mafioso, al voto di
scambio, alla detenzione illegale di armi. Nel mirino anche Nevio
Coral, ex sindaco di Leinì e Antonino Battaglia, segretario generale del
Comune di Rivarolo. Il volume s’intitola “Sono un uomo morto” (edizioni
Chiarelettere) e ha suscitato un vivace dibattito con il numeroso
pubblico. In particolare con il sindaco Luigi Ricca, che ha
introdotto l’autore e con i rappresentanti eporediesi di Libera che
stanno organizzando a Ivrea un giornata in memoria di Bruno Caccia, il
procuratore della Repubblica di Torino che fu il primo ad indagare sui
traffici illeciti e sulle prime infiltrazioni dell’’ndrangheta
dell’economia piemontese . Così si è scoperto che il primo incontro tra
Monga e Varacalli si è svolto in un bar vicino Ivrea: «Varacalli ha
scelto me per raccontare tutta la sua vita – ha spiegato Monga –
un’epopea criminale che comincia in Calabria e che finisce a Torino. Una
vita violenta poi finita con la decisione nel 2006 di collaborare con
la giustizia. Perché, mi ha confidato Varacalli, la mafia ha in mente
solo il denaro. Le prime infiltrazioni della ‘ndrangheta in Piemonte
risalgono agli inizi degli anni Settanta, però il fenomeno ha iniziato
ad apparire sui giornali solo nel decennio successivo. E’ stato
l’omicidio di Caccia, il 26 giugno 1983 a far comprendere davvero la
pericolosità e la violenza dell’associazione criminale che in Piemonte
aveva messo radici». (l.m.) 13 novembre 2013
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