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lunedì 29 luglio 2013

Danno erariale di Michele Iaselli

Danno erariale
AltalexPedia, voce agg. al 28.06.2012 (Michele Iaselli)
Categoria: Diritto Amministrativo      Danno erariale

Il danno erariale consiste nel danneggiamento o nella perdita di beni o denaro (danno emergente) prodotto alla propria o ad altra amministrazione (art. 1, quarto comma, L.n. 20/1994), o nel mancato conseguimento di incrementi patrimoniali (lucro cessante), così come disposto dall'art. 1223 c.c. Nel caso di concorso di colpa dell'Amministrazione è prevista una diminuzione del risarcimento secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono scaturite (art. 1227 c.c.).
  
Il danno di cui dà notizia la Corte dei Conti non emerge solo a fronte di una condotta "contra ius", ma può riscontrarsi anche nel momento in cui ci si trovi di fronte ad una condotta che, pur prevista da specifiche regole, si palesi inopportuna in riferimento a norme o principi giuridici generali di grado maggiore, o non conforme all'ottenimento di esiti utili, e causa di dispendio o di perdita di pubbliche risorse.
In merito è tornata sul punto anche la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 4511/06) affermando che il baricentro si è spostato dalla qualità del soggetto alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato, per sue scelte, incida negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla pubblica amministrazione, alla cui realizzazione egli è chiamato a partecipare con l'atto di concessione del contributo, e l'incidenza sia tale da potere determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, egli realizza un danno per l'ente pubblico, di cui deve rispondere dinanzi al giudice contabile.
Sotto il profilo dell'esistenza del danno, l'esteriore regolarità della condotta causativa dell'evento (intesa come esercizio di una facoltà o di un obbligo posto dalla norma) è ininfluente; il danno, infatti, ha consistenza allorquando da una specificata condotta discenda una diminuzione di risorse o il colpevole fallimento nel raggiungimento di specifici obiettivi, che spesso si manifesta sotto forma di perdita tangibile, ma che può tradursi anche nella perdita o compromissione di beni o valori immateriali.
Tale fattispecie di danno presenta elementi di "pubblicità" per il fatto che colpisce interessi facenti capo alla società o alle espressioni esponenziali ed operative della medesima ed è erariale in quanto la lesione economica ricade sul bilancio dello Stato o di un Ente pubblico. Tale diminuzione si valuta in sede di determinazione del danno e su di essa in seguito può trovare attuazione il potere riduttivo, che nondimeno è stato da taluni considerato come una forma di concorso di colpa.
Non è da escludersi l'esistenza di un danno erariale in caso di vantaggio da parte di una P.A. conseguente all'utilizzo di danari erogato da un altro ente, atteso che, ancorché appaia tutelato l'equilibrio finanziario in difetto di una diretta diminuzione patrimoniale per la collettività, risultano in ogni modo modificate le priorità di spesa fissate dall'ordinamento, con derivanti anomalie prodotte dalla violazione dell'ordine di precedenza dell'esborso, o in ogni caso dall'esigenza di nuovi o più ragguardevoli oneri complessivi a carico del contribuente. In ogni caso la Corte dei Conti ha più volte osservato che il danno risarcibile non può essere determinato in misura pari all'ammontare della somma erogata, essendo questa utilizzabile ad altri fini pubblici, ma deve essere invece valutata in relazione alle disfunzioni prodotte dalla violazione dell'ordine di priorità della spesa.
Il danno risarcibile in sede contabile deve avere i requisiti della certezza, dell'attualità e della concretezza. Essi interagendo tra loro mostrano che il danno è certo, nel momento in cui la sottrazione patrimoniale si sia in tutti i suoi componenti verificata realmente, è attuale, quando esista realmente sia al tempo della proposizione della domanda che al tempo della conclusione, ed è concreto allorquando la perdita economico-patrimoniale non sia solamente presupposta ma si sia effettivamente tradotta in realtà. Il danno, dunque, deve essere certo, effettivo ed attuale.
Non rileva, quindi, il danno meramente presunto, ovvero quello la cui effettività è fondata su pure supposizioni sfornite così di valenza probatoria, salvo che esse non si mostrino gravi, precise e corrispondenti. L'effettività del danno è una componente determinante nondimeno per la decorrenza del termine quinquennale della prescrizione. Nell'individuazione del pregiudizio subito dall'amministrazione, appare indubbiamente determinante l'opera del P.M. e delle prove portate in giudizio da quest'ultimo e dalla difesa, anche se il giudice potrebbe ordinare ulteriori prove come le testimonianze e le consulenze d'ufficio. La patrimonialità effettiva del depauperamento, pur di natura pubblica, ha per conseguenza la sua giuridicità, ovvero l'esclusione della configurabilità di un risarcimento in caso di danno politico, che riguarda la lesione di interessi relativi unicamente al rapporto fiduciario tra rappresentanza politica e popolazione.
L'elaborazione del concetto di danno erariale alla base dei giudizi di responsabilità delle Sezioni Giurisdizionali della Corte dei Conti è significativamente cambiata nel tempo, accompagnando l'evoluzione normativa e giurisprudenziale di questo tipo di giurisdizione.
Il risarcimento del danno, facendo emergere un tertium genus di danno determinabile ex se in quanto procurato al valore della persona in se stessa valutata (danno all'immagine), è andato estendendosi in direzione della salvaguardia di danni che si sottraggono all'alternativa tra il danno patrimoniale ed il danno morale, vale a dire negli interessi di chi ne è titolare. Questa figura di danno è suscettibile di liquidazione in termini compensativi ed è inquadrabile nell'ambito del generale principio di danno pubblico sottoposto alla Giurisdizione della Corte dei Conti ai sensi dell'art. 103, 2° comma Cost. (sentenza n. 304/2005 del 9 febbraio 2005 – Sez. giurisdizionale Veneto).
In tale ambito la figura del danno all'immagine dell'ente pubblico, a cominciare dalla sentenza n. 31 del 24 marzo 1994 della Sezione giurisdizionale per la Lombardia, è stata una delle questioni più analizzate e incerte tra le questioni trattate nei giudizi di responsabilità avanti alla Corte dei Conti.
In numerose sentenze infatti la Corte dei Conti ha chiarito che la lesione dell'immagine è un effetto diretto ed immediato dell'accertamento dell'abuso della pubblica funzione che causa, secondo comune esperienza, un deterioramento del rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l'istituzione pubblica, la quale viene percepita come entità non affidabile, talvolta finanche nemica, finita nelle mani di soggetti dediti a perseguire soltanto illeciti interessi particolari (Corte Conti, sez. II, sentenza 26/01/04, n. 27/A).
Infatti, rientrano a pieno titolo tra gli interessi collettivi l'interesse primario al buon andamento della funzione amministrativa, la sua gestione in maniera efficace, efficiente ed economica, che, se pregiudicati, determinano quella lesione d'immagine (danno-evento) che la Corte dei Conti ha studiato a fondo, definendone anche i punti di riferimento per la determinazione degli importi occorrenti per il ripristino del prestigio leso.
Si è affermata nella giurisprudenza della Corte dei Conti anche la figura di un danno da tangente, ritenendosi che l'esistenza di tangenti negli appalti pubblici finisce per scaricare le stesse nei maggiori costi che l'opera pubblica comporterà, prima per l'impresa con un aumento del prezzo finale e in definitiva in un maggior costo conclusivo per l'ente e per la comunità, rispetto al caso di normali gare in concorrenza tra le ditte interessate, non falsate dal versamento di tangenti. Di conseguenza, laddove appaiano essersi accertate le tangenti, si è considerato presuntivamente un danno da tangente da liquidare dai responsabili all'ente pubblico in via equitativa ex art. 1226 c.c., con una cifra non al di sotto dell'importo oggetto di illecita retribuzione tangentizia (Corte Conte, sez. I centrale, sentenza 17/11/05, n. 377/A).
Un'ulteriore ipotesi tracciata dalla più recente giurisprudenza contabile di danno erariale da parte dei dipendenti di pubbliche amministrazioni è quella del danno da disservizio. Esso secondo i giudici contabili deriva, da un lato, secondo i principi propri del rapporto di ufficio, di servizio e di lavoro dell'amministratore, dell'agente e del dipendente pubblico dall'accertata grave inadempienza della prestazione, per un certo periodo di tempo, ed è perciò sicuramente pari alla non giustificata retribuzione, indennità o analoghi emolumenti percepiti dai predetti soggetti. Dall'altro lato, però, tenuto conto che l'accertato grave inadempimento di cui si discute si inserisce in un particolare modello organizzativo complesso di una Amministrazione Pubblica l'omissione o commissione causativa di detto danno per dolo o per colpa grave incide negativamente sul generale funzionamento del servizio, creando un indubbio "disservizio", che determina anche un ulteriore danno patrimoniale risarcibile per quanto attiene ai costi generali sopportati dalla P.A. in conseguenza del mancato conseguimento della legalità, dell'efficienza, dell'efficacia, dell'economicità e della produttività dell'azione pubblica (Corte Conti, sez. giurisdiz. Umbria, sentenza 20/09/05, n. 346).
Nell'ambito dei danni non patrimoniali rientra l'ipotesi di danno erariale derivante dal "mobbing" nel pubblico impiego, ovverosia dalla sottoutilizzazione e marginalizzazione di alcune unità di personale. E' stato ritenuto in proposito che in termini civilistici, la responsabilità del datore di lavoro vale a dire l'incidenza del mobbing sul contratto di lavoro deriva dalla violazione di quella norma di cui all'art. 2087 c.c. che impone di adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori; tale norma si assume contrattualizzata indipendentemente da una specifica previsione delle parti, e genera una responsabilità, in capo al datore di lavoro, di risarcire il danno sia al patrimonio professionale (danno da dequalificazione) sia alla personalità morale e alla salute latamente intesa (danno biologico e neurobiologico) subiti dal lavoratore, essendo indubbio che l'obbligo previsto dalla disposizione contenuta nell'art. 2087 c.c. non è circoscritto al rispetto della legislazione tipica della prevenzione, ma si estende anche al dovere di astenersi da comportamenti lesivi dell'integrità psicofisica del lavoratore (Corte Conti, sez. III, sentenza 25/10/2005, n. 623).
Una nuova figura, fatta propria dalla giurisprudenza civilistica, è quella del danno da perdita di "chance" che viene considerata come il venir meno della possibilità di conseguire da parte dell'Amministrazione, secondo l'id quod plerumque accidit, offerte più vantaggiose, dando luogo alla conseguente concreta produzione di un danno ingiusto cui l'ordinamento positivo collega un'obbligazione di risarcimento (Corte Conti, Sez. giur. Trentino Alto Adige, sentenza 22/11/2005, n. 80).
La perdita di chance consiste, pertanto, nella perdita della possibilità sia di ottenere un risultato utile economico più favorevole (ossia un'entrata, come probabilità effettiva e congrua) sia di conseguire un minore esborso mediante la riduzione dei prezzi negoziati. In entrambi i casi si verifica una lesione del diritto all'integrità del patrimonio da accertare sulla base di elementi frutto di giudizio di tipo prognostico, secondo il calcolo delle probabilità (Corte Conti, sez. giur. Lazio, sentenza 13/12/05, n. 2921).
/ danno erariale / pubblica amministrazione / Michele Iaselli

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