05/lug/2010 - Decreto Legislativo del 2000 numero 267 art. 93: RESPONSABILITA' PATRIMONIALE 1. Per gli amministratori e per il personale degli enti ...
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Responsabilita' "congelata" in pendenza di giudizio Corte dei conti, sez. giur. Calabria, sentenza n. 714 del 24 novembre 2009
Le massime
Responsabilità amministrativo-contabile - Danno indiretto - Attualità - Giudicato civile - Necessità
Il danno erariale indiretto esiste ed è attuale se, al momento della proposizione della domanda, la sentenza che condanna l'amministrazione al pagamento in favore del terzo sia passata in giudicato.
Responsabilità amministrativo-contabile - Danno indiretto - Attualità - Riconoscimento debito fuori bilancio - Insufficienza
Il riconoscimento del debito fuori bilancio rappresenta un adempimento necessario, in caso di condanna dell'ente pubblico al risarcimento del danno in sede civile; nondimeno, esso non è sufficiente a consentire la proposizione della domanda risarcitoria in sede contabile, perché a tal fine è necessario il passaggio in giudicato della sentenza civile.
Responsabilità amministrativo-contabile - Danno indiretto - Attualità - Emissione di un provvedimento di assegnazione di fondi presso il Tesoriere - Insufficienza
L'emissione di un provvedimento di assegnazione di fondi presso il Tesoriere, al fine di consentire il pagamento di un debito fuori bilancio derivante da condanna dell'ente in sede civile, non è sufficiente a consentire la proposizione della domanda risarcitoria in sede contabile, perché a tal fine è necessario il passaggio in giudicato della sentenza civile.
Il commento
Con la sentenza in epigrafe la sezione giurisdizionale per la regione Calabria della Corte dei conti ha offerto un importante contributo per la definizione del requisito dell'attualità del danno erariale, nelle fattispecie di danno erariale indiretto.
Nel caso di specie, il Collegio ha affrontato tale questione, in relazione all'annosa problematica del danno erariale derivante dalla irreversibile trasformazione dei suoli privati, mediante l'esecuzione di opere pubbliche, in assenza di una legittima procedura espropriativa.
La vicenda traeva spunto dall'assunzione di una deliberazione consiliare dell'ottobre 1983, con la quale veniva approvato dal comune di C. il progetto esecutivo per il rifacimento delle opere di urbanizzazione primaria di un piano di zona.
Apportate alcune modifiche al piano particellare di esproprio, con successiva deliberazione consiliare del febbraio 1985, nel luglio 1986 veniva assunto il provvedimento sindacale per l'occupazione d'urgenza delle aree interessate dai lavori e nel settembre 1986 si redigeva il verbale di occupazione e di accertamento dello stato di consistenza degli immobili da espropriare.
La durata stabilita per la legittima occupazione dei terreni era determinata in cinque anni, decorrenti dal 29 luglio 1986 ma, entro il termine di scadenza del 28 luglio 1991, non veniva adottato alcun provvedimento di esproprio, con conseguente occupazione acquisitiva delle aree, che nel frattempo erano state irreversibilmente trasformate.
Tra queste risultavano anche quelle di proprietà dei sigg.ri F., i quali, con atto di citazione del febbraio 1983, convenivano in giudizio il comune dinanzi al Tribunale di C., per sentirlo condannare al risarcimento del danno subito.
Con sentenza dell'ottobre 2005, il giudice adito condannava l'ente a risarcire, ai proprietari ablati, i danni derivanti dall'illegittima acquisizione del bene, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
La sentenza veniva però appellata dagli stessi sigg.ri F. nel tentativo di ottenere un più favorevole risarcimento del danno.
L'atto di appello veniva notificato al Comune e, tuttavia, pur avendo resistito alla impugnazione e proposto appello incidentale, con deliberazione consiliare del giugno 2007, l'amministrazione riconosceva il debito fuori bilancio emergente dalla sentenza civile del 2005.
In relazione a tale vicenda, la Procura regionale aveva sostenuto che era scaturito un danno erariale, pari agli oneri aggiuntivi sopportati dal comune rispetto al valore delle aree illecitamente espropriate.
Tale danno era stato imputato alla condotta omissiva gravemente colposa dei sindaci e degli assessori ai lavori pubblici che si erano succeduti nel periodo interessato dal mancato perfezionamento della procedura di esproprio entro il termine quinquennale, nonché del responsabile dell'ufficio espropri del comune.
La questione di fondo
Il profilo dell'attualità del danno dedotto in giudizio rappresenta, per consolidata giurisprudenza contabile, un imprescindibile presupposto di legittimità della domanda attorea.
Il collegio si è occupato di tale aspetto in via prioritaria rispetto ad ogni altro profilo della responsabilità configurata a carico dei convenuti.Preliminarmente, il collegio ha richiamato i principi espressi dalla giurisprudenza contabile in tema di danno erariale, quale oggettivo elemento di differenziazione tra la responsabilità amministrativa e quella di tipo sanzionatorio.
A tal proposito, ha rammentato che il danno erariale deve sussistere al momento della proposizione della domanda nella sua triplice veste data dalla effettività, concretezza ed attualità.
Nondimeno, ha immediatamente soggiunto che il profilo dell'attualità del danno si atteggia diversamente nelle ipotesi di danno indiretto rispetto a quelle di danno diretto.
A tale proposito, ha richiamato la giurisprudenza delle Sezioni riunite della Corte dei conti che, per quanto attiene alle fattispecie di danno diretto, ha puntualizzato (sent. n. 7/QM/2000 del 24 maggio 2000 ed anche sent. n. 5/QM/2007 del 19 luglio 2007) che "la diminuzione del patrimonio, nel quale consiste l'evento dannoso, assume i caratteri della concretezza e dell'attualità solo con l'effettivo pagamento"; viceversa, quando la controversia attiene ad un danno indiretto, le medesime Sezioni riunite hanno affermato il principio che "nel momento in cui passa in giudicato la sentenza di condanna dell'amministrazione (il cui soggetto ha danneggiato il terzo) (…) diviene certo, liquido ed esigibile il debito dell'amministrazione pubblica nei confronti del terzo danneggiato", col che "il pagamento del debito costituisce comportamento dovuto da parte dell'ente pubblico, il quale non può sottrarsi, se non commettendo un illecito", giacchè il debito è entrato "come elemento negativo nel patrimonio dell'ente, causandone il depauperamento" (Sezioni riunite sent. n. 3/QM/2003 del 15 gennaio 20043).
Tenuto conto di tali principi, la sezione giurisdizionale per la Calabria ha affermato che il danno erariale indiretto esiste ed è attuale se, al momento della proposizione della domanda, la sentenza che condanna l'amministrazione al pagamento in favore del terzo sia passata in giudicato.
Nel caso in esame, il comune di C. aveva riconosciuto il debito fuori bilancio emergente dalla sentenza civile, con la deliberazione consiliare del giugno 2007.
Ma tale sentenza non risultava ancora passata in giudicato.
Infatti, allo stato, pendeva dinanzi alla Corte di appello di C. il giudizio sulla sua impugnazione, interposta dai proprietari ablati; avverso detta impugnazione l'amministrazione comunale aveva resistito con deliberazione della giunta novembre 2006, con la quale ha a sua volta proposto appello incidentale a carico della sentenza di prime cure.Dalla documentazione in atti risultava comunque che, con atto di precetto del dicembre 2006, i proprietari avevano intimato il pagamento del debito riconosciuto dal tribunale di C., ma non era dato sapere se tale intimazione avesse avuto esito.
Tuttavia, ad avviso della sezione, la notazione riguardante il pagamento non poteva essere ritenuta influente ai fini del decidere, in quanto - ciò che conta - è il fatto che la sentenza del Tribunale di C., sulle cui statuizioni si era basata la Procura regionale per formulare il libello introduttivo del giudizio, non era passata in giudicato al momento della proposizione della domanda, il che escludeva l'attualità del danno configurato in citazione.
Tale conclusione, peraltro, non poteva essere inficiata per il fatto che, nel febbraio 2007, il giudice dell'esecuzione aveva disposto in favore dei proprietari ablati l'assegnazione degli occorrenti fondi presso la tesoreria comunale o, ancora, perché il comune aveva proceduto al riconoscimento del debito.
Infatti, nei casi di condanna al pagamento di somme in favore di terzi, l'ente locale deve procedere al riconoscimento del cosiddetto debito fuori bilancio, in ossequio a quanto disposto dall'art. 194, comma 1, lett. A, del Dlgs n. 267 del 18 agosto 2000.
Tale norma è finalizzata a garantire la copertura finanziaria dei debiti di natura giudiziale che, in quanto liquidati con sentenza, non possono godere di alcuna originaria previsione di bilancio; da tale circostanza deriva la loro natura di "debito fuori bilancio" e la conseguente necessità della loro iscrizione nel bilancio stesso, al fine del correlativo impegno contabile e del successivo pagamento.
Il collegio ha sottolineato che "il riconoscimento del debito fuori bilancio rappresenta (…) un adempimento necessario a cui il comune non può sottrarsi, ma dovendosi a tal fine procedere con un provvedimento amministrativo (delibera consiliare), va da sé che al riconoscimento del debito così effettuato non può riconoscersi alcuna valenza in ordine alla definitività del sottostante rapporto giuridico quando, come nel caso di specie, l'ente ha proceduto all'adempimento in forza di una sentenza di primo grado che seppur esecutiva non è però passata in giudicato, con la conseguenza che il debito così come accertato in via amministrativa possa essere successivamente e definitivamente modificato per intervento del giudice".
Lo stesso ordine di considerazioni è stato poi riferito all'altra notazione riguardante l'emissione di un provvedimento di assegnazione di fondi presso il tesoriere, giacchè pur potendo ben darsi che il credito dei proprietari ablati abbia trovato per questa via concreto soddisfacimento, il collegio si è formato il convincimento che da tale circostanza non possa discendere l'attualità del danno erariale.
Tale opinione è stata suffragata dal richiamo alla giurisprudenza delle Sezioni riunite della Corte dei conti, con la sentenza n. 3/QM/2003, per la quale "il pagamento del credito vantato dal terzo danneggiato acquisisce un'importanza del tutto residuale rispetto al passaggio in giudicato della sentenza che ha fatto nascere il debito, giacchè la definitività del rapporto giuridico si consegue con definitività della regola di diritto statuita dal giudice ovvero con il passaggio in giudicato della sua decisione e non con il pagamento, anche se avvenuto a seguito di un provvedimento giudiziale di assegnazione fondi presso la tesoreria comunale, essendo a questa stregua evidentemente internale il carattere del pagamento così effettuato e come tale suscettibile di essere modificato".
L'approfondimento
Il punto di partenza per l'approfondimento del tema è costituito dalla citata pronuncia delle Sezioni riunite della Corte dei conti.
In sede di risoluzione di questione di massima, esse hanno, infatti, affermato che, nelle fattispecie di danno amministrativo-contabile indiretto, la prescrizione decorre dal momento in cui il debito dell'amministrazione nei confronti del terzo danneggiato è divenuto certo, liquido ed esigibile, a seguito del passaggio in giudicato della pronuncia giudiziale di condanna ovvero per l'esecutività della transazione tra terzo danneggiato e amministrazione (Cons. Stato, Sezioni riunite, 15 gennaio 2003, n. 3/QM).
Tale pronuncia, invero, modificava un precedente orientamento che, con riferimento ad ipotesi di danno causato da illegittimo inquadramento del personale (o da illegittima attribuzione di migliore trattamento economico), nel caso in cui questo si protraesse nel tempo per il persistere della violazione del suo autore ovvero per l'omessa assunzione delle doverose iniziative occorrenti a porvi fine dai soggetti funzionalmente succeduti all'autore del danno, ricollegava i termini prescrizionali a ciascun pagamento (Cons. Stato, Sezioni riunite, 24 maggio 2000, n. 7/QM).
In tal modo, secondo il precedente orientamento, acquistava autonomo rilievo, ai fini della configurazione del danno nella sua attuale consistenza, ciascun atto di pagamento.
Né va trascurato che, secondo un diverso precedente indirizzo, si riteneva che "è dal pagamento del risarcimento del danno al terzo che decorre, in caso di danno amministrativo-contabile indiretto , il corso della prescrizione dell'azione pubblica di responsabilità"(Cons. Stato, sez. II centrale, 2 maggio 2001, 157/A).
Comunque, la pronuncia delle Sezioni riunite del 2003 era stata sollecitata proprio per la soluzione di una questione di massima sul dies a quo della prescrizione, in ipotesi di danno indiretto.
In particolare, il giudice remittente aveva prospettato un contrasto giurisprudenziale tra l'indirizzo che fissava l'esordio della prescrizione alla data di pagamento al terzo del danno da questi subito e la data in cui era divenuto definitivo il debito per l'amministrazione, in conseguenza di sentenza di condanna passata in giudicato o di stipula di transazione.
Il quesito proposto era stato risolto sulla scorta di due diverse considerazioni.
La prima considerazione era stata che "nel momento in cui passa in giudicato la sentenza di condanna dell'amministrazione (il cui agente ha danneggiato il terzo) al pagamento di una somma di denaro quantificata ovvero il danno stesso viene risarcito stragiudizialmente attraverso la transazione, diviene certo liquido ed esigibile il debito dell'amministrazione pubblica nei confronti del terzo danneggiato".
La seconda considerazione è che, secondo costante giurisprudenza, "il fondamento della prescrizione non è costituito da una presunta rinuncia all'esercizio del diritto da parte del titolare, ma dall'esigenza della certezza dei rapporti giuridici, che non possono restare troppo a lungo sospesi, con il pericolo che sia resa impossibile o notevolmente più difficile la prova, allorché sia decorso un notevole periodo di tempo".
Da tali considerazioni, le Sezioni riunite avevano tratto la conseguenza che non sussisteva alcun motivo giuridico per spostare l'esordio della prescrizione dal momento in cui diviene certo, liquido ed esigibile il debito della PA nei confronti del terzo, al momento dell'effettivo pagamento.
Tale orientamento è stato recepito dalla giurisprudenza maggioritaria (Cons. Stato, sez. II centrale, 3 marzo 2003, n. 64/A; sez. II centrale, 11 marzo 2003, n. 84/A; sez. II centrale, 12 gennaio 2006, n. 22/A). Ed è stato confermato anche rispetto ad altre fattispecie.
Nel caso di atto transattivo, dopo aver premesso che "in ipotesi di responsabilità per danno indiretto l'azione si prescrive nel momento in cui è insorto l'obbligo giuridico di pagare" è stato affermato che "ove alla sentenza di condanna le parti abbiano fatto seguire un atto transattivo per regolare le reciproche obbligazioni, il dies a quo del termine prescrizionale va individuato nella data di approvazione dell'atto transattivo con cui l'obbligo di pagare ha acquistato, appunto, carattere di certezza" (Cons. Stato, sez. II centrale, 5 giugno 2007, n. 185/A).
A seguito di una controversia risolta mediante un lodo arbitrale, il giudice contabile, chiamato a verificare la sussistenza del danno erariale, ha ribadito che "in fattispecie di danno indiretto, connesso a responsabilità di un comune per mancata realizzazione di un'opera pubblica, il termine prescrizionale dell'azione di responsabilità decorre dal momento in cui, con il passaggio in giudicato del lodo arbitrale che ha definito l'insorta controversia con l'impresa, il debito dell'ente verso l'autore del danno ha assunto i caratteri della certezza e della liquidità; non sussiste, pertanto, alcun motivo giuridico per spostare l'esordio della prescrizione al momento dell'effettivo pagamento" (Cons. Stato, sez. II centrale, 20 giugno 2007, n. 204/A).
L'orientamento che afferma l'irrilevanza del pagamento ai fini della configurazione del danno erariale è piuttosto condiviso nella giurisprudenza contabile.
A tale riguardo, è stato affermato che "il termine iniziale di prescrizione non coincide necessariamente con l'erogazione della somma di denaro costituente danno, ma con il momento in cui siano stati definiti nei loro esatti contorni gli elementi della fattispecie dannosa, sicchè, in ipotesi di danno cd. indiretto , il momento in cui tale danno si concretizza è quello in cui insorge l'obbligo di risarcire il terzo, ancorchè il pagamento non sia stato effettuato, rappresentando esso soltanto un momento ulteriore ed estraneo rispetto al completamento della fattispecie dannosa"(Cons. Stato, sez. giur. d'appello regione Sicilia, 7 maggio 2001, n. 83/A; così anche: sez. giur. d'appello regione Sicilia, 21 maggio 2002: 87/A).
Ma tale impostazione non è del tutto pacifica.
Infatti, sul requisito dell'attualità del danno, occorre registrare anche posizioni differenziate.
In una pronuncia, ad esempio, sono state valorizzate - a tal fine - tutte le fasi della spesa.
Così, è stato affermato che "il danno risarcibile in sede contabile deve possedere i requisiti della certezza, dell'attualità e della concretezza, per cui solo nel momento in cui si compie l'ordinazione della spesa seguita dall'emissione del mandato di pagamento e del relativo incasso da parte del creditore che l'intero processo di spesa trova effettivo compimento" (Cons. Stato, sez. giur. regione Molise, 29 maggio 2007, n. 102).
In alcune pronunce, inoltre, è stata riconosciuta una specifica rilevanza al pagamento.
In particolare, è stato affermato che "quando il pagamento, in ottemperanza ad una sentenza provvisoriamente esecutiva, è antecedente al passaggio in giudicato della sentenza stessa, il termine decorre dal giorno del pagamento"(Cons. Stato, sez. giur. regione Trentino Alto Adige - Bolzano, 27 luglio 2007, n. 37).
Infine, diversamente dalla sentenza in commento, in altra pronuncia è stata attribuita rilevanza autonoma al riconoscimento del debito, affermando che "in ipotesi di danno indiretto la prescrizione dell'azione di responsabilità è da considerare interrotta dalla data della delibera con cui l'ente, a seguito di atto di precetto, ha esplicitamente riconosciuto il debito per i fatti di cui è controversia" (Cons. Stato, sez. III centrale, 31 dicembre 2007, n. 503/A).
In una fattispecie diversa, relativa ad un caso di lodo arbitrale, tuttavia, caratterizzato dall'esistenza di una procedura di dissesto finanziario, il giudice ha sviluppato un ragionamento di diversa natura.
Infatti, ha osservato che "la dichiarazione di dissesto (…) influisce sui debiti del comune, che sono privati dell'azione esecutiva (art. 81 D.L.vo 25 febbraio 1995, n. 77 ) e, per poter essere pagati, devono essere inseriti nella massa passiva con motivata deliberazione della commissione straordinaria di liquidazione (art. 86 D.L.vo n. 77/95), con la conseguenza che, in caso di mancato inserimento, essi non sono riconducibili al comune (art. 90 D.L.vo n. 77/95)".
In altre parole, in seguito alla dichiarazione di dissesto, i debiti dell'amministrazione comunale perdono il carattere della certezza, liquidità ed esigibilità, che riacquistano soltanto con l'inserimento nella massa passiva.
Pertanto, il Collegio, in tal ipotesi, ha ritenuto che la prescrizione decorra dalla delibera della commissione straordinaria di liquidazione n 220 del 18 febbraio 1997, che ammette il credito nella massa passiva. (Cons. Stato, sez. II centrale, 12 gennaio 2006, n. 22/A)
Conclusioni
La soluzione della questione offerta dalla sezione giurisdizionale per la Calabria della Corte dei conti appare tecnicamente ineccepibile.
Il danno si "attualizza" nel momento in cui il debito entra come elemento negativo nel patrimonio dell'ente causandone il depauperamento, visto che i crediti e i debiti rientrano tra gli elementi costitutivi del patrimonio.
Nondimeno, tale opzione ricostruttiva risulta per alcuni versi insoddisfacente, perché relega il momento del pagamento ad un ruolo del tutto subalterno e, quasi, irrilevante.
Da un lato, infatti, si potrebbe ipotizzare - sebbene in linea del tutto teorica - che alla formazione del debito, mediante il giudicato civile, non segua il relativo pagamento, perchè il terzo danneggiato non spende il titolo esecutivo.
In questo caso, risulterebbe oltre che iniquo anche tecnicamente improprio pervenire ad una affermazione di responsabilità amministrativo contabile, per aver cagionato un danno erariale la cui sussistenza verrebbe desunta solo ed esclusivamente dal giudicato di condanna civile.
D'altro canto, non appare così irrilevante la circostanza che l'ente abbia provveduto al pagamento di un debito derivante da una condanna civile provvisoriamente esecutiva.
In tal caso, la sottrazione di risorse all'ente pubblico è reale ed effettiva, mentre la possibilità che esse - per un mutamento di giudicato - vengano restituite all'ente pubblico è solo un'ipotesi.
Emerge, così, sullo sfondo di questa e di altre analoghe decisioni, una concezione della categoria dell'attualità del danno i cui contorni si riposizionano sulla diversa categoria della definitività del danno.
L'assorbimento della prima categoria nella seconda non appare, tuttavia, in grado di fornire una risposta adeguata a fenomeni nei quali un depauperamento di risorse pubbliche si concretizza in base ad un titolo giuridico pienamente valido ed efficace, quale una sentenza di primo grado, ancorché suscettibile di riforma in appello.
Il tema, invero, meriterebbe di essere ulteriormente meditato, anche perché le esigenze di tutela del patrimonio pubblico richiedono interventi più tempestivi e temporalmente più prossimi alla commissione dei fatti dannosi.
In sintesi
Corte conti, sez. giur. Calabria, sent. n. 714 del 24 novembre 2009
Il fatto
Un'amministrazione comunale, dopo aver approvato il progetto esecutivo per il rifacimento delle opere di urbanizzazione primaria di un piano di zona, aveva disposto l'occupazione d'urgenza delle aree interessate dai lavori.
La durata stabilita per la legittima occupazione dei terreni era determinata in cinque anni ma, entro il termine di scadenza, non veniva adottato alcun provvedimento di esproprio, con conseguente occupazione acquisitiva delle aree che, nel frattempo, erano state irreversibilmente trasformate.
In seguito, il giudice civile aveva condannato l'ente a risarcire i proprietari ablati dei danni conseguenti all'illegittima acquisizione del bene, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
La sentenza di primo grado era stata appellata e non era ancora intervenuta la relativa pronuncia.
La decisione
La Procura regionale aveva sostenuto che dai predetti fatti era scaturito un danno erariale, pari agli oneri aggiuntivi sopportati dal Comune rispetto al valore delle aree illecitamente espropriate.
Tale danno era stato imputato alla condotta omissiva gravemente colposa dei sindaci e degli assessori ai lavori pubblici che si erano succeduti nel periodo interessato dal mancato perfezionamento della procedura di esproprio, entro il termine quinquennale, nonché del responsabile dell'Ufficio espropri del Comune.
Ma la sezione giurisdizionale per la Calabria non ha ravvisato nel caso di specie la sussistenza del danno, per carenza del requisito dell'attualità, stante la pendenza del giudizio di appello.
Infatti, ha affermato che il danno erariale indiretto esiste ed è attuale se, al momento della proposizione della domanda, la sentenza che condanna l'amministrazione al pagamento in favore del terzo,sia passata in giudicato.
Tale conclusione, peraltro, non poteva essere inficiata per il fatto che il giudice dell'esecuzione aveva disposto in favore dei proprietari ablati l'assegnazione degli occorrenti fondi presso la tesoreria comunale o, ancora, perchè il Comune aveva proceduto al riconoscimento del debito.
I precedenti
Per l'orientamento che attribuisce rilievo al giudicato, ex multis: sez. giur. Lombardia 12 dicembre 2005 n. 733; sez. I centrale 28 novembre 2005 n. 391, inedita; sez. giur. Veneto 26 luglio 2005 n. 1011 e 28 dicembre 2006 n. 1336; sez. riun. 15 gennaio 2003 n. 3/QM, ivi, 2003, 1, II, 88.
Per l'orientamento che attribuisce rilievo al pagamento, ex multis: sez. giur. Campania 17 agosto 2004 n. 1397; id. 14 febbraio 2005 n. 111; sez. II centrale 12 gennaio 2006 n. 22/A; sez. giur. Lazio 28 settembre 2005 n. 661, inedita; sez. giur. Umbria 9 giugno 2005 n. 246; sez. giur. Sicilia 25 maggio 2005 n. 1258; sez. giur. Umbria 23 marzo 2005 n. 132; sez. riun. 24 maggio 2000 n. 7/QM.