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lunedì 16 luglio 2012

"I SOLITI FURBETTI DEL QUARTIERINO?,,,e io pago,,,pago,,,MA CREDETE CHE I POTENTI VENGANO PUNITI ? MAH ABBIAMO LE NOSTRE PERPLESSITA',,,E' SEMPRE COLPA DELLA MAGISTRATURA CHE SBAGLIA O DI QUALCHE ERRORE GIUDIZIARIO...E BISOGNA ASPETTARE IL 3 GRADO DI GIUDIZIO ?,,,X' FORSE A QUALCUNO VENGA IL SOSPETTO CHE IL POTENTE DI TURNO NON SIA COSI' GALANTUOMO COME DICE?,,,"vero gio-gio ?",,,SI CONTINUA A DIFENDERE L'INDIFENDIBILE ?,,,"vedi ciko, il becco-giallo, o chi é stato o é ancora in carcere o latitante ?",,,MAH CHE PAESE DI M....

- Canavese - 13/07/2012
Fallimento De Tommaso: 300 i lavoratori canavesani coinvolti
di M. Campagnolo

DA I GRIY DAL ZERB,,



Sono circa 300 i canavesani che sono coinvolti dal fallimento della De Tommaso, ieri sancito dal Tribunale di Torino dopo che già quello di Livorno una settimana fa si era espresso nell'identico modo. La decisione del Tribunale piemontese è giunta ieri dopo che già il patron dell'azienda, Giovanni Mario Rossignolo (nella foto, con altri suoi collaboratori, era stato raggiunto da dei provvedimenti di custodia cautelare per truffa.
«L'arresto di Rossignolo ci può rendere contenti perché finisce in carcere chi sembra proprio essere un disonesto, ma a noi non risolve nulla». E' questo uno dei primi commenti a caldo di Fabio Militto, della Rsu della De Tommaso.
La De Tommaso ha sede legale a Livorno, ma lo stabilimento principale è a Grugliasco, con molte maestranze ex Pininfarina che arrivano dagli stabilimenti di Bairo Canavese e di San Giorgio Canavese.
«Siamo circa in 300 Canavesani – spiega Militto, Rsu della Fim Cisl, canavesano anch'egli -. Passammo sotto la De Tommaso nel 2009 quando la Pininfarina decise di abbandonare la costruzione di auto per dedicarsi allo stile. In quell'occasione venne ceduto lo stabilimento di Grugliasco con 950 maestranze».
Ma queste maestranze continuarono a lavorare, come distaccati, per le commesse Pininfarina ancora in essere per quasi tutto il 2010, anche se a "singhiozzo", alternando settimane di cassa integrazione a settimane di lavoro. «Da gennaio 2011 é iniziata poi la cassa integrazione completa – ricorda il sindacalista -. Prima per "ristrutturazione", ma visto che l'azienda non aveva cassa per pagare gli anticipi, come si deve fare in questi casi, da giugno fu modificata la causale e si passò a cassa per crisi aziendale, con il pagamento direttamente da parte dell'Inps».
Nel frattempo, in teoria, sarebbero dovuti partire per le maestranze dei corsi di formazione, visto che il progetto prevedeva costruzioni di auto di alta gamma con l'assemblaggio manuale in maniera artigianale. «In Pininfarina operavamo in un sistema industriale classico, quindi per questo nuova modalità di montaggio era necessario essere riqualificati». Però i corsi subiscono un ritardo perché l'Unione Europea blocca i fondi, che vengono erogati solo dopo che le Regioni Toscana e Piemonte e il Ministero del Lavoro aiutano la proprietà a preparare la documentazione necessaria.
«Ma anche così – continua a raccontare il delegato Rsu – partono poi solo per pochi e dopo un mese, un mese e mezzo si interrompono».
Ed è proprio su questi corsi che si basano le indagini della Guardia di Finanza che ieri hanno portato agli arresti di Rossignolo e di suoi collaboratori. «Dagli accertamenti dei Finanzieri – recita il comunicato delle Fiamme Gialle -, un primo punto fermo: i corsi, finanziati per la totalità dei dipendenti (oltre 1000) nell'arco di tre anni, in realtà non sono mai partiti, se non in minima parte (li hanno iniziati 67 dipendenti e solo per pochi giorni).
L'inchiesta ha consentito di risalire all'effettiva destinazione delle somme, in parte utilizzate per pagare gli stipendi degli operai, ma soprattutto dirottate nelle tasche di manager, consulenti e della proprietà. In particolare ammontano a circa 400.000 euro le retribuzioni riconosciute in tre mesi ai membri della Famiglia Rossignolo e a dirigenti di fiducia.
Grazie agli accertamenti bancari, è stato poi ricostruito il pagamento di consulenze a un mediatore creditizio della provincia di Bergamo, al quale sono andati 1,7 milioni di euro come compenso per aver procurato la polizza fidejussoria richiesta dal Ministero a garanzia del finanziamento concesso, successivamente rivelatasi falsa.
Ieri in manette sono finite le persone gravemente indiziate della truffa: il patron Giovanni Mario Rossignolo, finito ai domiciliari perché ultraottantenne, il dirigente della De Tomaso che ha personalmente istruito la pratica di finanziamento e il professionista bergamasco che ha fornito all'azienda la polizza falsa.
Sul fronte Fallimento, invece, i rappresentanti dei lavoratori saranno il prossimo lunedì a Livorno per incontrare il curatore, anche perchè adesso dovrà nuovamente cambiare la modalità della cassa integrazione, passando da quella per crisi a quella per, appunto, fallimento.
«Adesso vedremo – conclude Militto – se le voci che girano di alcuni interessati a rilevare l'azienda sono vere. É ovvio che se questi investitori esistono abbiano aspettato l'uscita di scena di Rossignolo e la dichiarazione di fallimento. Però ora, se c'è qualcuno, ci aspettiamo che venga alla luce del sole, anche per capire se esiste, o se esisterà, un piano che possa salvare i 950 posti di lavoro».
Ma questo, per ora, è solo il futuro, ancora fumoso. Il presente è ora sulla raccolta di tutta la documentazione necessaria perché i lavoratori possano insinuarsi nel passivo dell'azienda per tentare di recuperare le liquidazioni. La prima udienza sarà il 24 ottobre e la consegna della documentazione deve avvenire entro un mese prima.

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