Lavoro kaputt, nel Torinese è vera emergenza
Pubblicato Giovedì 01 Settembre 2011, ore 9,00
Fiat e De Tomaso sono solo la punta dell'iceberg. Oltre 400 imprese ricorrono alla cassa, a rischio migliaia di posti. Il settore più colpito è il metalmeccanico ma soffrono tutti i comparti industriali. L'assessore Chiama: "Puntare su eccellenza e mercati esteri"
Fiat, Pininfarina e De Tomaso non sono che la punta dell'iceberg di un sottobosco produttivo che continua a essere quotidianamente sferzato da una crisi economica ben lungi dall'essere superata. Ci si prepara a un caldissimo autunno, in un contesto di incertezza diffusa a causa della sofferenza delle imprese e della contestuale mancanza di fondi da parte degli enti pubblici per fornire un salvagente ai lavoratori che perdono il posto. Per avere la misura di quanto il mondo del lavoro a Torino e Provincia annaspi, basti pensare che le aziende poste in regime di cassa integrazione straordinaria (sia normale che in deroga) sono 418, con ben 32.412 lavoratori coinvolti (dati Regione Piemonte al 30/4/2011).
Il settore metalmeccanico è di certo quello maggiormente colpito, vista l'incertezza legata ai nuovi piani di produzione del Lingotto, che continua ad avere 5703 dipendenti in cassa integrazione. Ma è l'indotto Fiat che più di tutti preoccupa: un arcipelago di aziende medio-piccole, in gran parte con meno di 50 dipendenti che vivono quasi esclusivamente grazie alle commesse della grande fabbrica automobilistica torinese e che faticano a trovare uno sbocco in altri mercati esteri. Delle 418 aziende in difficoltà, 261 fanno parte del comparto metalmeccanico, detenendo anche il record di lavoratori in cassa. Tra le più significative spicca l'Iveco, con i suoi 1522 dipendenti del polo torinese a casa, mentre Grugliasco, oltre alle ben note vicende legate alla De Tomaso, deve far fronte alla crisi della Fondpress (1133 dipendenti), mentre i lavoratori delle Officine Automobilistiche (ex Bertone) dovrebbero presto iniziare a produrre la Maserati.
La sensazione è che la crisi durerà ancora per mesi, forse anni e a mettere in guardia sugli esiti è l'assessore provinciale al Lavoro Carlo Chiama: «In questi anni il vero ammortizzatore sociale sono state le famiglie che hanno attinto ai risparmi di anni, ma cosa succederà quando finiranno?». Il rischio di una frattura sociale sullo stile spagnolo e greco non è da sottovalutare, ma quale futuro potrà avere una provincia come quella torinese, per anni caratterizzata da una spiccata vocazione industriale? «La conversione verso altre forme di rilancio economico è già stata avviata, vedi i progressi sul turismo, ma non è quella l'unica soluzione – prosegue Chiama che aggiunge – Serve un meccanismo di rilancio industriale che punti sull'eccellenza e sulle esportazioni. Il Veneto regge alla crisi perché rappresenta di fatto l'indotto delle industrie tedesche e lo stesso dobbiamo fare a Torino, cercando di inserirci all'interno di nuovi mercati. Motore e valore aggiunto del Piemonte è il Politecnico, grazie al quale possiamo contare su un insediamento d'eccellenza come quello di General Motors, ma che potrebbe attrarre altre aziende anche di diversi settori».
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