In questo momento di stop forzato alle attività di sci alpino, con gli impianti di risalita fermi, ci sarebbe la possibilità di promuovere attività alternative esenti dal rischio di assembramenti. In Valle d'Aosta, però, il Presidente della Giunta, dall'11 dicembre scorso, ha di fatto vietato la pratica dello scialpinismo su tutto il territorio regionale, limitandone l'esercizio solo "con l'accompagnamento di guida alpina o maestro di sci". Si tratta di un provvedimento che, ferma la generale possibilità di svolgere sport e attività motorie, va a penalizzare espressamente un'attività che, tra le forme di frequentazione della montagna invernale, è certamente tra le più note ed identitarie. Le motivazioni sanitarie, per non gravare sul sistema ospedaliero, potrebbero essere comprensibili, ma ciò che è difficile spiegare è il fatto che la stessa attenzione non è stata rivolta ad altre attività, come ad esempio le escursioni con racchette, che si svolgono in ambiente innevato e che - certamente - sono soggette almeno agli stessi rischi. Senza citare poi il fatto che, in seguito alle polemiche sollevate da questi - reiterati - provvedimenti, il vertice della UVGAM (Unione Valdostana Guide Alta Montagna) è stato costretto a dimettersi e, ad oggi, si palesa il rischio di vederla commissariata, stante l'assenza di candidati disposti a sostituirlo. Come a dire che l'iniziativa delle limitazioni sopra descritte ha fatto più male che bene alle Guide stesse? D'altra parte una limitazione del genere è di dubbia utilità perfino per gli stessi professionisti che, notoriamente, non è nell'ambito territoriale che hanno i loro clienti. L'invito che si fa al Presidente della Giunta è di rimuovere, pur nel rispetto dei protocolli sanitari in essere, qualsiasi limitazione alla pratica dello scialpinismo in Valle d'Aosta, così come avviene per le altre attività invernali in montagna che non richiedono l'uso di impianti di risalita (es. sci di fondo e racchette da neve). Oltre al turismo - e quindi l'economia - locale, ne guadagnerebbe sicuramente l'immagine della Regione e di tutte le altre parti coinvolte, cancellando una evidente discriminazione tra i frequentatori invernali della montagna che pare legata più a motivazioni lobbistiche che sanitarie e che sta creando forti allarmi per quanto potrebbe implicare in tema di libertà di accesso alla montagna stessa.
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