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giovedì 16 agosto 2012

"QUERCIOTTO MA CREDI AD UNA PAROLA DI STO ARTICOLO?".. voi politici e politicanti credete che il popolo sia proprio cosi' bue? E CHE I MIEI PAESANI SIAMO COSI' "coglioni?" DA CREDERE E BERSI TUTTE STE "minchiate?" MA X FAVORE VERGOGNATEVI ALMENO UN PO'...grazie...



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Sei in News Analysis 15 agosto 2012 SiciliALa good company dell'Udc Dalla scissione dei cuffariani all'intesa con Crocetta: il D'Alia-style funziona
immagine documento L'intesa tra il dem Rosario Crocetta e l'Udc per la presidenza della regione Sicilia porta con sé le accuse di continuità con il cuffarismo, provenienti soprattutto dalla sinistra schierata con Claudio Fava e dall'Idv di Leoluca Orlando. Parole che possono far presa sull'elettorato più sensibile ai temi antimafia, ma soprattutto meno informato sull'evoluzione dello scudo crociato isolano. Che dal dominio incontrastato di Cuffaro e dai rapporti con i boss è passata a far sottoscrivere ai propri candidati il codice etico della commissione antimafia e un regolamento interno ricalcato dal codice deontologico promosso dalla Confindustria di Ivan Lo Bello.
La data chiave è il 28 settembre 2010. In quel giorno è stata ufficializzata la scissione dell'Udc siciliana, con la nascita dei Popolari di Italia domani. Totò Cuffaro, Calogero Mannino, Saverio Romano, Giuseppe Drago, Giuseppe Ruvolo, Antonello Antinoro: sono solo alcuni dei nomi che sono transitati nel centrodestra a sostegno del governo Berlusconi, dopo aver dominato il partito nell'isola, l'unica regione in cui i centristi hanno superato nel 2008 lo sbarramento dell'8 per cento necessario per ottenere dei seggi al senato. Vere e proprie macchine del voto, molti con problemi giudiziari (per rapporti con la mafia, ma non solo), alcuni con condanne. «Praticamente abbiamo ricominciato da zero» ricorda con Europa Gianpiero D'Alia, che fu nominato commissario dell'Udc siciliana e oggi ne è il segretario regionale.
Per molti, quella sarebbe stata la fine del partito, con ripercussioni inevitabili anche a livello nazionale. Invece, lo stesso Casini si rese conto che la separazione in una bad company, alleata con Berlusconi, e una good company da lui guidata, in rotta di avvicinamento col Pd, poteva essere l'occasione per ricostruire un'identità nuova e "ripulita". Superato lo «shock umano» e il «trauma politico» della scissione (così lo descrive chi ha osservato dall'interno quella fase), l'Udc con D'Alia ha rafforzato il proprio profilo autonomo, sganciandosi anche dal Terzo polo, che nell'isola sconta la presenza ingombrante di Raffaele Lombardo, al cui governo l'Udc ha ritirato il sostegno già nel dicembre 2011, ben prima del Pd. L'azione di D'Alia ha creato qualche disagio anche a Casini, che però si è sempre fidato del suo luogotenente messinese. Come risultato, l'Udc è risalita da quattro a dieci deputati regionali (contro i quattro dei Pid), ha ottenuto risultati ritenuti soddisfacenti alle amministrative ed è accreditata dai sondaggi di un risultato superiore al 10 per cento.
«Oggi sono in molti a guardare con attenzione a noi», rivendica D'Alia. Forse perfino troppi, tanto che alcuni nomi di esponenti (ri)entrati nel partito sono facile bersaglio per gli avversari. Nino Dina, entrato nel Pid per poi tornare sui propri passi, è stato braccio destro di Cuffaro e indicato dal pentito Nino Giuffrè come referente di Provenzano (indagato, la sua posizione è stata archiviata). Francesco Musotto e Lino Leanza (quest'ultimo a capo di un movimento federato con l'Udc) sono stati tra i principali esponenti del Mpa. «Ma se tutti gli amici di Cuffaro o di Lombardo sono delinquenti – ricorda D'Alia – ne troviamo ovunque, anche nel Pd. Soprattutto in Sicilia, il rischio di infiltrazioni esiste per tutti. Quello che conta è la reazione e il programma politico che si sottoscrive. E il patto di buon governo tra progressisti e moderati che sostiene Crocetta parla chiaro».

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