È
dunue riesplosa la pandemia da Covid-19. I sacrifici degli italiani,
reclusi per 2 mesi fra marzo e aprile, sono stati gettati alle ortiche. È importante avviare una operazione verità che individui gli errori commessi non solo perché ciascuno si faccia carico delle proprie responsabilità, ma soprattutto per evitare il ripetersi di simili errori.Perché se dovessimo ripeterli in futuro, domata la seconda ondata, potremmo trovarci a dover fronteggiare la terza.
Serve a poco affermare che la situazione italiana è migliore di quella
di altri paesi europei, o ripetere la favoletta che gli altri paesi ci
ammirerebbero per come abbiamo gestito l'epidemia. Non sono i peggiori che andavano presi a modelli, ma i migliori.
L'esperienza dei paesi asiatici (ma anche di Australia e Nuova
Zelanda), che hanno combattuto l'epidemia con molto più successo di noi,
doveva insegnare qualcosa. Per non parlare poi dell'esperienza dei paesi europei che, come la Germania (ma non solo la Germania), hanno avuto maggiore successo di noi nel contrasto dell'epidemia e nella difesa dell'economia. Soprattutto, è il caso di ricordare che in
Italia sono stati prodotti diversi studi e documenti che in tempi utili
indicavano ai decisori politici quel che stava effettivamente
accadendo, e la strada da imboccare per evitare di ritornare in una
situazione drammatica quale quella sperimentata nella prima parte
dell'anno. Perché sostenere l'economia e tutelare la salute non sono due
obiettivi inconciliabili, ma due processi strettamente interdipendenti.A CHI SPETTA GOVERNARE L'EPIDEMIA? Occorre fare chiarezza sulle competenze: la costituzione attribuisce al Governo la competenza esclusiva sulla lotta a pandemie di carattere internazionale (art. 117,2 lettera q), oltre che in materia di coordinamento informativo, statistico, informatico dei dati nazionali, regionali e comunali (art. 117,2 lettera r). Inoltre, spetta al Governo l'emanazione delle norme generali e il coordinamento dell'azione amministrativa in materia di tutela della salute (art. 117,3) e il potere di sostituirsi a organi regionali e comunali per tutelare la incolumità e la sicurezza pubblica (art.120,2).
DIECI COSE DA FARE (CHE NON SI SONO FATTE):
1) Tamponi di massa, nel quadro di una strategia rigorosa di "sorveglianza attiva". Il
5 maggio Lettera 150 lanciò un appello per aumentare il numero di
tamponi, ma la promessa governativa di farne molti di più non ha avuto
alcun seguito (anzi, al 5 di agosto, ossia dopo 3 mesi dall'appello, i
tamponi risultavano addirittura diminuiti di circa il 15%). In compenso i
cittadini che li debbono fare sono costretti spesso a file
interminabili e i risultati arrivano dopo diversi giorni. I centri
diagnostici privati sono stati coinvolti tardi, in modo parziale e
ancora non in tutte le regioni. È di ieri la sentenza del Tar Lazio che
condanna la Regione a consentire l'effettuazione di tamponi molecolari
ai centri privati. Il 20 agosto il prof. Andrea Crisanti aveva inviato
al Governo un piano che considerava necessario realizzare 400.000
tamponi al giorno per prevenire il diffondersi del virus. Nel piano si
prevedeva che il Governo aggiungesse, alle potenzialità delle Regioni,
20 laboratori fissi, uno per regione, e 20 laboratori mobili. Nulla di
questo è stato realizzato. Uno studio dei professori Francesco Curcio e
Paolo Gasparini, per Lettera 150, reso pubblico il 19 maggio dal
Corriere della Sera, aveva previsto un concreto modello organizzativo
per realizzare circa 1.3 milioni di tamponi al giorno. Una capacità così
ampia di fare tamponi rallenterebbe ancora oggi il diffondersi
dell'epidemia. I costi sono compatibili: un tampone rapido costa circa 4
euro. Del resto nella città cinese di Qingdao su una popolazione di 9
milioni di abitanti, si sono fatti oltre 3 milioni di tamponi in un solo
giorno, come riporta l'agenzia Agi il 13 ottobre. 2) A scuola in sicurezza.
Alla
ripresa di settembre la maggior parte delle scuole non è in grado di
ridurre il numero di alunni per classe (come avvenuto in molti paesi
europei), né di garantire la misurazione della febbre, né di gestire i
sospetti positivi. Non è nemmeno previsto l'obbligo delle mascherine
chirurgiche in classe. I ragazzi arrivano a scuola ammassati sui bus,
perché – non essendo stata rafforzata la rete dei trasporti locali –
nessuno si preoccupa di far rispettare la (blanda) regola che imporrebbe
di non occupare più dell'80% dei posti. 3) Un database pubblicamente accessibile con tutti i dati necessari per affrontare efficacemente l'epidemia.
La lotta contro l'epidemia si vince partendo dalla conoscenza dei dati
epidemiologici indispensabili per capire per esempio i canali di
trasmissione del virus oppure per organizzare una rete efficiente di
tracciamento dei contatti. Da giugno scorso l'Accademia dei Lincei, fra i
tanti, aveva chiesto al Governo che fossero raccolti e messi a
disposizione della comunità scientifica i dati epidemiologici. Ciò non è
avvenuto. Ad oggi ancora molti dati essenziali per la lotta al virus
sono sconosciuti. Quanto ai dati della Protezione Civile, è incredibile
che le poche informazioni fornite siano del tutto indisponibili a
livello comunale, e che a livello provinciale l'unico dato fornito sia
quello dei nuovi casi. 4) Il tracciamento come strumento di controllo della trasmissione del virus. La
capacità dei Paesi dell'est Asia di tenere sotto controllo il
diffondersi dell'epidemia è legata innanzitutto al tracciamento dei
contatti dei positivi. Il Governo aveva promesso un sistema efficace di
tracciamento informatico. L'app Immuni non ha funzionato. 5) Non chiudere un occhio sugli assembramenti, effettuando controlli massicci e sanzionando le violazioni.
Per tutta l'estate si moltiplicano gli assembramenti, in particolare
quelli legati alla movida e ai divertimenti di massa, ma né la polizia
locale, né le forze dell'ordine vengono mobilitate per fare rispettare
le regole: il numero di controlli si riduce di circa l'80% rispetto ad
aprile. Nemmeno a Ferragosto, quando i rischi per la salute sono
diventati evidenti a tutti, viene disposta la chiusura delle discoteche,
che entra in vigore solo dopo aver concesso l'ultimo weekend di
divertimento (14-15-16 agosto). 6) Mantenere la promessa di creare 3.500 nuovi posti di terapia intensiva. Ad
oggi si stima che solo 1.300 dei 3.500 posti aggiuntivi di terapia
intensive, previsti dal governo a maggio scorso, siano operativi. Solo
il 12 ottobre si è chiuso il bando di gara per le nuove postazioni. 7) Garantire un adeguato distanziamento su tutti i mezzi pubblici.
I
mezzi pubblici possono essere un importante luogo di diffusione del
contagio. Nonostante ciò il Governo, d'intesa con le Regioni, si è
limitato a stabilire una capienza massima per mezzo pubblico pari
all'80%, una capienza che non consente un adeguato distanziamento. Non è
stato previsto un finanziamento straordinario specifico, né è stato
esercitato alcun coordinamento per indurre Comuni e Regioni a dotarsi di
nuovi mezzi utilizzando le procedure d'urgenza di cui all'art. 63 del
Codice appalti, che avrebbero consentito di espletare le gare in circa
un mese. Si sarebbero potuti assumere conducenti con bandi straordinari
per contratti a tempo determinato, magari fra i conducenti NCC rimasti
senza lavoro, o si sarebbero potute finanziare convenzioni con le
compagnie dei taxi. Si sarebbero dovuti riaprire al traffico i centri
storici, alleggerendo così la pressione sui mezzi pubblici.
8) Assicurare un'adeguata e tempestiva disponibilità di vaccini anti-influenzali, anche nelle farmacie. In
molte regioni italiane mancano i vaccini contro l'influenza. Le
quantità disponibili sono insufficienti anche per una parte della
popolazione anziana. Non si trovano nelle farmacie. Molti cittadini,
dopo mille raccomandazioni a vaccinarsi, non saranno in grado di farlo.
Per fronteggiare l'emergenza si dovevano centralizzare le procedure di
acquisto a livello nazionale. 9) Mettere i medici di base in
condizione di visitare i pazienti Covid, dotandoli dei necessari
dispositivi di protezione individuale. Come testimonia, tra
gli altri, il primario Luigi Cavanna ad Italia Oggi del 13 giugno,
l'esperienza delle cure domiciliari anti-Covid ha consentito di ridurre
sensibilmente i ricoveri ospedalieri e la mortalità. Le unità speciali
di continuità assistenziale per le cure domiciliari sono poche e male
organizzate. Occorreva un intervento governativo che innanzitutto
finanziasse questo servizio e ne garantisse la efficacia su tutto il
territorio nazionale coinvolgendo direttamente i medici di base dotati
di adeguate protezioni. Nonostante le promesse di rafforzare la medicina
territoriale, i medici di base non sono in condizione di visitare a
domicilio i loro pazienti sintomatici. 10) Luoghi dove poter trascorrere la quarantena senza contagiare famigliari conviventi. Il
Governo aveva promesso i Covid-hotel. In estate con il decreto legge 34
la gestione è passata dalla Protezione Civile alle Regioni. Asl e Ats
stanno lanciando soltanto ora bandi per stipulare convenzioni con hotel e
altre strutture. Noi pensiamo che quel che non è stato fatto fra maggio e ottobre debba assolutamente essere fatto ora. Perché
il problema cruciale di un'epidemia non è portare il numero di contagi
vicino a zero, ma mantenerlo basso quando il peggio sembra passato.
Per garantire questo, servono tutte e 10 le cose che abbiamo elencato.
Serve, soprattutto, un impegno solenne del governo centrale ad attuarle
in tempi brevi e certi, senza i tentennamenti e le distrazioni del
passato. Serve un cronoprogramma che specifichi costi, strumenti, fasi
di avanzamento, date di conclusione. Perché il rischio che corriamo è grande.
E' il rischio che, dopo il tempo delle chiusure, quello delle aperture
ci restituisca la medesima illusione, il medesimo tempo sospeso in cui
siamo vissuti quest'estate. Un intervallo in cui si fa poco per
contrastare il virus, ci si illude che il virus sia in ritirata, e così
si prepara l'arrivo di una nuova ondata. Gli italiani, come sempre, finiranno per fare quel che gli si chiede, sopportando sacrifici e rinunce. E' troppo chiedere che, almeno, non siano inutili? FIRMATARI:
-Lettera 150 -Fondazione Hume -Luca Ricolfi, ordinario di Analisi dei dati, Università di Torino; presidente e responsabile scientifico della Fondazione David Hume. -Giuseppe Valditara, ordinario di Diritto privato e pubblico romano, Università di Torino; presidente Associazione Lettera 150. -Andrea Crisanti, ordinario di Microbiologia; direttore del dipartimento di Medicina molecolare, Università di Padova; Lettera 150. -Nicola Grigoletto, avvocato; Direttore della Fondazione David Hume.-Nicola Casagli, ordinario di Geologia applicata, Università di Firenze; presidente OGS, Trieste.-Rossana Cima, analista dei dati, Fondazione David Hume.-Pierluigi Contucci, ordinario di Fisica matematica, Università di Bologna. -Paolo Gasparini, ordinario di Genetica medica, Università di Trieste; direttore del Dipartimento di Genetica medica ospedale Burlo, Trieste.-Francesco Manfredi, ordinario di Economia aziendale; prorettore Lum, Jean Monnet, Bari.-Giovanni Orsina, ordinario di Storia contemporanea; direttore School of Government Luiss.-Patrizia Polliotto, presidente ospedale Galeazzi, Milano.-Stefano Ruffo, ordinario di Fisica della materia; presidente SISSA Trieste.-Claudio Zucchelli, presidente aggiunto onorario del Consiglio di Stato, vicepresidente Associazione Lettera 150.
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