Emozioni di un quattordicenne. Ero ancora uno studente delle scuole medie inferiori. E mi emozionavo leggendo Giacomo Leopardi. Penso sia accaduto a molti, leggendo i suoi scritti e le sue poesie. Per me, l’emozione era ancora più viva. La prima parte della mia vita fu ad Ancona, non distante da Recanati, quel natìo borgo selvaggio che gli diede i natali. Emozioni di un adulto.
Crescendo, di Leopardi cominciai ad apprezzare lo spirito ribelle e rivoluzionario. Ricordai che al Liceo, ottenni un particolare elogio dalla mia professoressa di Letteratura italiana per un mio componimento su Leopardi. Avevo scritto che Leopardi era la nuova voce dell’illuminismo che spazzava via in modo definitivo la cultura medievale. E che restituiva all’uomo la sua reale dimensione di essere polvere cosmica lanciata in un sistema eliocentrico, sradicato da quel posto sicuro geocentrico dove la scienza medievale aveva preteso di collocarlo, come creatura prediletta di Dio. Quella Nuova Cultura era la prima radice della Cultura Occidentale moderna. Il caos, il conflitto, la guerra.
Una Cultura, guarda caso, basata sul caos. Perché l’uomo in quella visione eliocentrica è creatura votata al caos. Un caos che Leopardi rimproverava alla Natura, definendola matrigna. Perché grande doveva essere la delusione di passare da quella particolare attenzione di essere centro dell’universo a quel senso di smarrimento di diventare poco più del nulla proiettato nell’infinito. Nondimeno, Leopardi era pronto a sposare i cardini della Rivoluzione francese, in aperto conflitto con la sua famiglia.
E pronto anche a sposare i primi miti di un’Italia rivoluzionaria e riunificata. La rivoluzione francese. Già, la Rivoluzione francese.
Mica poco, nella storia d’Europa. Da lì, sarebbero nate le guerre napoleoniche. Guerre cruente, certamente Ma che combattevano l’oscurantismo assolutista con nuove idee liberali. Nella mia città natale, Ancona, il breve periodo di dominazione napoleonica viene ancora ricordato come la liberazione dall’oppressione dello stato pontificio. Un’epoca di libertà che veniva percepita con l’emozione della possibilità di approdo ad un libertinaggio prima sconosciuto.
Qualche cosa di profondo, cui le coscienze non sarebbero state più disposte a rinunciare. La rivoluzione americana. Al di là dell’oceano, non fu molto diversa la rivoluzione americana, l’indipendenza dei nascenti Stati Uniti dagli inglesi. Distanze di migliaia di chilometri, condizioni culturali molto diverse, ambienti e storia lontanissimi fra loro, ma che condividevano obiettivi consimili di nuove libertà. Il Regno d’Italia. Se l’Italia fu unificata dalle forze armate di Vittorio Emanuele, fu perché il Piemonte, a suo modo e per quell’epoca, rappresentava quegli ideali di libertà. E così furono cacciati gli spagnoli, gli austriaci e il Regno d’Italia prese forma.
Perché il dominatore era colui che infrangeva il sogno di libertà e andava cacciato. Al di là di quello poi che accadde, la forza che sconfisse i dominatori fu quella stessa capacità sulla quale si stava sempre più fondando quella Cultura originaria, nata nell’illuminismo, rafforzata dalle rivoluzioni e dagli ideali che le stesse portavano, contro la Cultura oscurantista o assolutista precedente. La Cultura Occidentale si andava rafforzando, in un unico asse che congiungeva molti paesi d’Europa e gli Stati Uniti. L’Impero Britannico. Una cosa che gli inglesi hanno sempre saputo fare sono le guerre. In quella filosofia un po’ guerrafondaia, e nel sentirsi superiori agli altri, o portatori di “civiltà”, gli inglesi riuscirono ad asservire mezzo mondo. Furono cacciati dagli Stati Uniti, come poi sarebbero stati cacciati da tutti gli altri paesi conquistati. Ma rappresentavano l’emblema di un popolo “guerriero”, capace di vincere molte battaglie e anche molte guerre.
Il Novecento. Così, il nuovo secolo arrivò, con le immense tragedie di cui fu portatore. La Cultura dell’Occidente si scontrava con l’autoritarismo dei regimi forti ed autoritari. Così’, inglesi, francesi e italiani si trovarono a combattere contro austriaci e tedeschi. Era la Prima Guerra Mondiale. Proprio durante quel terribile conflitto, in Russia scoppiava la Rivoluzione Bolscevica. Quella era una Rivoluzione “diversa”. Che faceva paura e senza certamente volerlo creava la potenziale reazione causando l’idea di regimi ancora più autoritari e forti. Dalle teorie di Nietsche, nascevano i totalitarismi europei, incarnatisi poi nel fascismo italiano e spagnolo e nel nazionalsocialismo tedesco. La Seconda Guerra Mondiale.
Così, dall’aggressività del più irrequieto dei regimi totalitari, quello tedesco, nascevano i presupposti di un nuovo gigantesco conflitto.
La Cultura Occidentale per sopravvivere doveva sconfiggere i regimi totalitari.
E ci riuscì.
Con l’aiuto anche dei russi bolscevichi.
Churchill e Roosevelt fecero buon viso a cattivo gioco.
Non potevano farne a meno.
Il mondo diviso in due.
Dalla sconfitta dei regimi totalitari fascisti, i vincitori tracciarono una riga nel mondo per dividerselo a metà.
La Cultura Occidentale ora aveva un nuovo nemico, oltre la cortina di ferro.
Fino al 1989 …
Una nuova rivoluzione.
Un leader che sarebbe dovuto essere conforme al bolscevismo, si aprì all’Occidente, condividendone sempre di più i valori.
E con Gorbachev l’Unione Sovietica implose.
Fu la caduta del muro di Berlino e la riunificazione delle due Germanie.
A Dresda, il funzionario capo locale del KGB, un tale di nome Vladimir Putin, era rimasto per ultimo nel palazzo della Stasi, la polizia segreta della Germania Orientale, per bruciare quintali di documenti.
La folla stava arrivando e i suoi colleghi si erano dati alla fuga.
Lui aveva solo una pistola con sé ed era rimasto solo.
La folla si fermò, convinta che nel palazzo non c’era ormai più nessuno.
Vladimir era salvo. Potè fuggire e rientrò in Russia, dove c’era un destino radioso che lo attendeva, dopo alcuni anni.
La Nato.
La Nato, che era sorta sul Patto Atlantico, rappresentava il braccio armato della Cultura Occidentale.
Braccio armato in mano sempre di più agli Stati Uniti, ancora più bravi degli inglesi a fare le guerre, purché fuori del loro territorio.
La Nato si espanse sempre di più verso oriente.
I Paesi che erano appartenuti al Patto di Varsavia e alla dominazione sovietica ora di vendicavano aderendo alla Nato e sfuggendo così, dal loro punto di vista, ad una potenziale aggressione da parte della Federazione Russa.
Europa “unita”.
L’Unione Europea, in tutto questo, idealmente cercava di incarnare gli ideali di una Cultura dell’Occidente allargata a ben 27 paesi.
E mettendo in lista di attesa altri paesi, desiderosi di sposare quella Cultura.
Se da una parte gli ideali erano forse quelli giusti, dall’altra parte il modello di realizzazione dell’Unità Europea fu fallace come pochi.
L’Europa si è occupata di molte cose perfettamente inutili, volte a rendere “omogenea” la cultura di 27 paesi diversi.
Si impegnò, perfino, è la realtà, a definire la lunghezza minima e massima di una carota affinché potesse essere definita come “carota” all’interno dell’Unione Europea.
O mise in testa, o cercò di farlo, ai cittadini europei che i tappi delle bottiglie di plastica dovevano rimanere attaccati alle bottiglie.
O si convinse che tutte le automobili, nel felice continente europeo del grande futuro, dovessero essere solo elettriche.
Riunificò nell’euro le monete di undici paesi, senza curare di fare quello che era impossibile fare, riunificare le politiche fiscali ed economiche.
Fece molte cose che non doveva fare e omise di farne alcune che avrebbe dovuto fare.
Oggi…
Oggi ci accorgiamo che siamo vissuti bene, nell’ideale che le guerre in Europa non ci sarebbero più state.
Magari litigavamo sulle carote, ma intorno ad un tavolo e non sui campi di battaglia.
Questo era, ed è, un ideale meraviglioso.
Ma il mondo non è l’Europa.
E il desiderio di benessere, la rinuncia alle guerre, la disperata necessità di attaccarsi a quello che sopravviveva di quella Cultura Occidentale, che aveva prima sconfitto l’assolutismo, poi il fascismo, poi il comunismo sovietico, ha spento la capacità reattiva dei popoli europei.
Così, l’immigrazione è diventato l’alibi del momento per giustificare l’incapacità europea di reagire con vigore ai processi di trasformazione in corso nel mondo.
La Cina, il nuovo Paese simbolo dell’autoritarismo, travolge la tecnologia europea.
La Russia può permettersi di invadere l’Ucraina e uscirne sostanzialmente vincitrice.
Gli Stati Uniti, paese storicamente traditore, abbandona l’ideale della Cultura Occidentale e lascia l’Europa sola con le sue frustrazione, le sue angosce, la sua incapacità reattiva.
Gli Inglesi risorgono con il loro spirito guerriero, invocando una Europa che hanno abbandonato a furor di popolo, invitando gli altri paesi europei a riunirsi in una comunità, un po’ patetica, di “volonterosi”.
La Nato, presieduta oggi da un Olandese, cerca disperatamente di confermare di essere ancora il braccio armato della Cultura Occidentale.
Ma è la Cultura Occidentale che tramonta.
E’ il carburante che ha trainato l’Europa, la voglia di vincere il caos, la capacità di combattere per vincere il caos, che non c’è più.
I popoli seduti sugli ideali di rinuncia alla guerra, dove perfino la demografia gioca contro di loro, perché i figli possono diventare un ostacolo al benessere, sono destinati nel lungo termine a soccombere.
O si svegliano dal torpore o soccombono.
A forza di omogeneizzare i processi, a cercare di rendere tutto uguale, perché l’Europa è una, i singoli popoli hanno perso Cultura ed Identità.
Hanno perso voglia di essere, voglia di battere i pugni sul tavolo, voglia di confrontarsi nei conflitti per vincerli.
Voglia di fare i soldati.
Ma i soldati servono. L’Europa non è il mondo.
Stati Uniti, anno 2025.
Così, gli Stati Uniti decidono nel 2025 che della Cultura Occidentale non gliene importa più nulla.
Decidono che è roba del passato, anzi che è stata fatta a spese degli Stati Uniti.
E che ora c’è la Cultura Americana e basta.
E l’America è il nuovo fulcro, e l’Europa, fino a prova contraria, sta a Oriente dell’America.
Quindi di che Cultura Occidentale parlano quelli là?
Non so come finirà. Così come sembra, non finisce bene.
E’ la conclusione patetica e grottesca di una tragedia.
La crisi.
Sarà una crisi spettacolare a far rinascere lo spirito della Cultura Occidentale? O quello spirito è morto, e ormai vale solo la pena di seppellirlo?
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