In tutta Europa si levano voci contro la violenza ginecologica e ostetrica, il particolare tipo di violenza contro le donne durante il parto e le cure ginecologiche. Molte donne subiscono ancora abusi, esami vaginali brutali, pratiche mediche scorrette o procedure eseguite senza il loro consenso o nonostante il loro chiaro rifiuto. In Spagna, Nahia Alkorta ha ottenuto la condanna delle Nazioni Unite dopo essere stata sottoposta a parto cesareo forzato con le braccia legate e il marito escluso dalla stanza. In Serbia, una petizione firmata da 70.000 persone afferma che "molte madri in questo Paese preferirebbero dimenticare il giorno del parto". In Francia, un rapporto pubblicato nel 2018 dall'Alto Consiglio per l'uguaglianza tra donne e uomini spiega che la violenza ostetrica e ginecologica è diffusa e sistemica nel Paese. Eppure nulla si muove. Mi chiamo Sonia, ho 43 anni. Nel 2015 ho subito una violenza ostetrica durante il parto, che mi ha lasciato traumatizzata e dolorante per molti anni. Ho subito un forcipe estremamente violento da parte di un'ostetrica, poi un'episiotomia senza il mio consenso, seguita dalla cucitura del perineo senza anestesia. Una badante mi è anche saltata violentemente sulla pancia. Urlavo di morte, ma il medico, che anche i suoi colleghi chiamavano "il macellaio", non si curava del mio dolore e mi disprezzava e ignorava. Era come se il mio corpo fosse a sua disposizione e io non avessi voce in capitolo. Si è anche vantato con mio marito di avermi fatto il "punto marito", che consiste nello stringere ulteriormente la vagina per aumentare il piacere del partner. La mia vita intima è stata dolorosa per due anni. La mia salute mentale non è stata risparmiata. Ho attraversato una lunga depressione. Non volevo più vivere, ma nessuno mi ascoltava e nessuno mi credeva in quel momento. Purtroppo il mio caso non è isolato. Da allora, con StopVOG, un collettivo che ho fondato, mi batto perché noi* non dobbiamo più subire un simile martirio. Il problema è che questa violenza, che non è riconosciuta dalla legge nella maggior parte dei nostri Paesi, non è nemmeno riconosciuta dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne, nota come Convenzione di Istanbul. Ecco perché lancio questa petizione. Affinché noi europei possiamo chiedere che la violenza ginecologica e ostetrica sia inclusa nella Convenzione di Istanbul. Ciò obbligherebbe tutti gli Stati europei firmatari a prevenire tali violenze e, se necessario, a punirle. Per far sì che i nostri diritti non vengano mai più violati negli ambulatori ginecologici e nei reparti di maternità, per far sì che la voce delle vittime non venga mai più disprezzata e che le loro denunce non vengano più respinte, vi preghiamo di firmare e condividere questa petizione.
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