Mi chiamo Luigi e sono uno studente di 16 anni. Come molti di voi ho assistito atterrito e angosciato alla tragedia del crollo del Ponte Morandi di Genova. Come molti di voi ancora mi domando com’è possibile morire così nel mio paese, nel 2018, mentre ci si mette in macchina per andare al mare, per andare a lavorare, per andare a trovare i propri cari. Abbiamo perso 43 fratelli in questa sciagura: fratelli come Bruno e Mirko che si trovavano su quel maledetto ponte mentre smontavano dal turno di lavoro, fratelli come Roberto, Ersilia e il piccolo Samuele di soli 8 anni, una famiglia distrutta sotto le macere di cemento. Che fine ha fatto Xenia? Nel mondo antico Xenia era l’ospitalità. Nel mondo antico l’ospitalità era sacra. Colui o colei che passavano o trovavano rifugio e riparo nelle stanze altrui dovevano essere protetti, dovevano godere di massima sicurezza, inviolabilità. Gli ospiti erano considerati al pari degli Dei. E chi ospitava non poteva violare questa sacra legge. Questi sono giorni di lutto e di pianto. Questi sono giorni di silenzio e rispetto per i morti e le loro famiglie. La magistratura farà il suo corso ma Autostrade per l’Italia adesso ha un dovere, sacro: riparare i lutti di questa tragedia. Autostrade per l’Italia deve placare il dolore di queste 43 morti, deve riparare questo patto che è stato violato. Chiediamo ad Autostrade per l’Italia di istituire subito un fondo in memoria delle vittime innocenti di questa tragedia. Chiediamo ad Autostrade per l'Italia inoltre di adoperarsi affinché sia garantito da subito un servizio continuo di supporto e riabilitazione psicologica per i feriti e i parenti delle vittime.
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