Quei deputati furbetti Si dimetterebbero ora per avere la pensione
Dal 2012 la rendita scatta solo dopo i 60 anni, dieci in più del sistema attuale. In rivolta 120 politici baby e qualcuno è tentato di lasciare per incassare oggi
La prima, vera rivolta del Parlamento contro il «governo dei tecnici» è scoppiata ieri. Non sulla difesa della democrazia, bensì del vitalizio. «Il governo è venuto a commissariare il Parlamento.
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Ma noi non accetteremo diktat», tuona il senatore Pdl Antonio Paravia. «L'esecutivo venga a riferire sull'incontro segreto tra Fini, Schifani e il ministro del Lavoro», denuncia Mario Pepe, deputato Pdl.
Già: è chiaro a tutti che se non fosse stato per la neo-ministra del Welfare Elsa Fornero, Montecitorio e Palazzo Madama avrebbero trovato il modo per diluire, smussare e rinviare.
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Invece la Fornero, che sta per varare la riforma che impone - tra le altre cose - l'immediata entrata in vigore del sistema contributivo per tutti i comuni mortali, ha chiesto un incontro ai presidenti delle Camere perché sia il Parlamento a dare il buon esempio. E subito Fini e Schifani hanno capito l'antifona e hanno rimesso in discussione le decisioni già prese dalle rispettive Camere, che avevano rinviato le modifiche alla prossima legislatura: da gennaio si cambia.
E così, racconta ad esempio il parlamentare Pdl Giuliano Cazzola, uno dei massimi esperti italiani di sistemi previdenziali e membro della commissione ad hoc che stava studiando le modifiche per Montecitorio, «decine di deputati ieri erano fuori dalla grazia di Dio e minacciavano di dimettersi seduta stante». Perché in teoria, dimettendosi dalla carica prima della fine dell'anno, potrebbero evitare la mannaia del 31 dicembre e restare sotto il vecchio regime. Ma le dimissioni di ogni parlamentare devono essere discusse e votate dall'aula, e di qui a fine anno non ci sarebbero i tempi tecnici per metterle in calendario tutte. «Se qualcuno pensasse a una simile furbizia, basterebbe respingere le dimissioni», taglia corto il capogruppo Pd Dario Franceschini. Senza contare il caso che ne nascerebbe coi mass media che si butterebbero a pesce per raccontare della casta in fuga dalle regole.
Chi incassa il colpo più duro? «I più penalizzati saranno proprio i più privilegiati», spiega Cazzola. Quei parlamentari ancora giovani, ma con varie legislature alle spalle, che quindi alla fine di questa avrebbero potuto contare su un sostanzioso vitalizio con le vecchie regole, da 50 anni in poi. Da Giovanna Melandri del Pd (sfortunatissima, perché compie 50 anni tra un mese) a Italo Bocchino di Fli (che frena: «Sono contento che me l'abbiano tolta»), da Elio Vito del Pdl ad Alessandra Mussolini e all'ex An Tommaso Foti. Ora a tutti loro toccherà aspettare i 60 anni.
Ma se le dimissioni di massa non ci saranno, di certo si rischiano una valanga di ricorsi. Si parla di 120 deputati in carica e di 250 con gli ex (tanti della Lega) pronti ad adire alle vie legali. Un principe del foro come l'avvocato Fausto Coppi starebbe già studiando alcuni casi. E i questori della Camera già frenano: «Bisogna introdurre un sistema più progressivo, porrò la questione in ufficio di presidenza», dice il Pdl Antonio Mazzocchi. La mannaia, insomma, potrebbe ancora allontanarsi. Con Fabrizio Cicchitto che smonta il caso: «È una leggenda metropolitana».
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